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I poeti ispirati dalla ' Ndocciata: Anna Di Lollo ci regala una suggestiva poesia

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La N’docciata è per ogni agnonese parte del proprio dna ereditato e per quanto lontani si viva, il chiarore dei fuochi riporta a casa molti cuori, li ricongiunge al legame più caro che si ha: quello con la terra natia.

Vi alberga qualcosa d’indefinito e misterioso nell’eco del più antico rito del fuoco, qualcosa che ammalia, che attira a sé anche animi estranei e lontani dalla nostra realtà. Qualcosa di molto antico si ridesta, l’istinto delle primigenie paure, dell’ombra della natura sul destino di tutte le cose, della piccolezza dell’uomo, della sua provvisorietà, della connaturata impotenza.

La religiosità cristiana affonda le proprie radici nei culti pagani più arcaici (per questo il richiamo all’Orto Sacro dei Sanniti, prima forma di sacralità espressa sulle nostre aspre e arroccate ubicazioni e persa tra le nebbie del tempo). Non esistono certezze sulle origini di questo evento (l’archè, il principio d’ogni cosa tace), ogni domanda si spegne, s’acquieta. Con la fiamma delle n’docce s’accende solo il connubio primitivo tra l’uomo, il suo istinto e la propria terra, tutti elementi nati dalla Natura stessa e dalla sua incontrastabile forza.

L’augurio personale non solo per il Natale, ma per tutti i giorni a venire, sia quello di ritornare a scoprire le cose più semplici e autentiche, quelle vere, che, come un tempo, tenevano salde e unite le piccole comunità. Solo insieme, con sacrificio, dedizione, creatività, si può contrastare ogni impervietà. Il mio voglia essere solo un piccolo e umile contributo, un omaggio a una terra che, lontana dai lustri di una volta e dilaniata dalla crisi attuale, lentamente va spegnendosi. Che questo evento non sia solo lucro ed apparenza, ma forte richiamo per le giovani generazioni e per la nostra stessa sopravvivenza.

 

N’DOCCIATA: il rito del fuoco di Agnone.

Solstizio d’inverno, il Verbo si fa Carne, sull’Orto Sacro s’erge la cristianità, il profano scivola nel sacro.

Oscurità: ombre ingorde ingoiano, tra le fauci del mistero, l’altopiano.

Pellegrine folle giungono, in muto accalcarsi, per visitar l’ignoti.

Arcani segreti, ancestrali miti, richiaman genti, avide di scoprir quel che, nella notte ima, nella notte dei tempi affonda.

Donne, bambini, uomini senza età, dalle mani alla terra avvezze, affastellate l’hanno. S’accendon finalmente.

Lingue di fuoco strisciano nelle tenebre come serpi incandescenti.

Con esse ardono ataviche paure, purificazioni obliate.

Attoniti, in reverenziale silenzio, gli sguardi si commuovono.

Il pagano sposa il sacro in rituali antichi.

Non s’odono risposte, l’archè tace.

Tutto vive in bagliori di primordiale istintività. ---

Anna Di Lollo

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