Lo scattone può essere considerato l’antenato del moderno aperitivo. Rientra nella tradizione enogastronomica molisana, legata al mondo dell’agricoltura e della pastorizia. Gli‘ingredienti’ per prepararlo sono pochi e genuini: acqua di cottura, pasta, vino rosso e, a seconda del gusto, un pizzico di peperoncino o di pepe. Serviva e serve per preparare lo stomaco al pranzo vero e proprio in attesa della cottura della pasta, come dicono le persone anziane ‘apr lu stommc’ ma, soprattutto in passato, anche per ristorare e riscaldare i lavoratori al momento del rientro dalle campagne nelle rigide giornate invernali e combattere i raffreddori stagionali.
La preparazione è facile: quando la pasta, generalmente fresca, sagne o tagliolini, sta cuocendo nell’acqua ( in dialetto la ‘lavatura’) prelevatene qualche mestolo (sia di acqua che di pasta) e versatelo in una scodella, aggiungete vino rosso, meglio ancora se un corposo vino rosso molisano e un pizzico di peperoncino…e lo scattone è pronto! Sebbene sia un ‘piatto’ della tradizione, non mancano giovani che l’hanno ereditato dai nonni e dai padri e lo trasmettono come è giusto che sia con le peculiarità di ogni territorio. In Molise lo scattone è apprezzatissimo e sono tre i paesi a contendersene la paternità , Poggio Sannita, Bagnoli del Trigno e Torella del Sannio dove peraltro, ogni anno il 16 agosto, si organizza una sagra dedicata allo scattone.
Questa particolarità molisana ha varcato anche i confini nazionali: ne ha parlato, o meglio scritto, nel 1973 il Journal of American Folklore in un articolo dal titolo ‘Medicina e Folklore in una comunità rurale italiana’ a firma di Leonard W. Moss e Stephen C. Cappanari della Wayne State University di Detroit con la traduzione in italiano curata da Renato Cavallaro. La prestigiosa rivista aveva infatti effettuato una ricerca sulle abitudini alimentari di un paese molisano denominato ‘Cortina d’Aglio’, nome che in realtà era uno pseudonimo sotto il quale si nascondeva proprio Bagnoli del Trigno.