Una cricca degli appalti truccati in salsa molisana. E' quella scoperta e sgominata dalla Procura e dalla Guardia di Finanza di Isernia al termine di due anni di indagini durante i quali sono state monitorate 98 mila conversazioni. Imponenti i numeri dell'inchiesta sfociata stamane nell'arresto di quattro persone. Gli indagati sono 138, tra questi molti sindaci, imprenditori e funzionari pubblici accusati di aver truccato 47 appalti relativi al dissesto idrogeologico per complessivi 27 milioni di euro. 23 le amministrazioni comunali coinvolte nelle province di Campobasso e Isernia mentre sono 109 le imprese sottoposte alle indagini (con sedi in Molise, Abruzzo, Lazio, Marche, Campania , Lombardia ed Emilia Romagna).
Ai domiciliari sono finiti Roberto Calabrese, sindaco di Forli del Sannio (Isernia), Gianni Paolo Calabrese, imprenditore e fratello del sindaco, gli imprenditori dell'isernino Angelo Rossi e Donato Terriaca. Obbligo di dimora invece per l'imprenditore isernino Claudio Favellato e interdizione dall'esercizio delle funzioni per l'ex sindaco di Acquaviva d'Isernia Lenio Petrocelli, funzionario della Regione Molise. I reati contestati, a vario titolo, sono: turbata libertà degli incanti, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, corruzione, istigazione alla corruzione e falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici.
"L'indagine - ha spiegato il procuratore di Isernia Paolo Albano - ha messo in evidenza una sconcertante commistione politico-gestionale della cosa pubblica riconducibile ad un unico funzionario pubblico che, muovendosi a vari livelli, è riuscito a creare una rete di amministratori compiacenti ed 'amici' ai quali riservare un trattamento privilegiato". Il funzionario in questione "piazzava con stucchevole disinvoltura incarichi di progettazione di lavori e appalti pubblici per lo più derivanti da fondi che egli stesso procurava a vari sindaci amici, anche grazie ad influenti contatti capitolini". L'affidamento dei lavori seguiva un iter del tutto opposto rispetto a quello previsto dalla legge, con sorteggi truccati, simulazioni di necessità di urgenza, falsificazione di atti amministrativi. Gli indagati al telefono usavano un linguaggio in codice: per indicare le percentuali di ribasso da presentare nelle varie gare pilotate venivano simulati inesistenti appuntamenti: "Volevo sapere a che ora ci dobbiamo vedere, alle due e mezza o alle tre e mezza?, "Ti chiamo alle tre meno un quarto". Gli orari in realtà secondo gli investigatori indicavano le percentuali di ribasso da proporre. (ANSA)