Stando al rapporto elaborato da Censis, Ispe, Trasparency e Rissc, in Calabria l’88,9 per cento delle Aziende sanitarie non adempie agli obblighi di legge in materia di anti corruzione. Le regioni con la più alta percentuale di aziende sanitarie che non adempiono agli obblighi anti corruzione sono quelle centro meridionali: in prima fila il Molise al 100%; seguono Calabria 88,9%, Campania 60%, Sicilia 57,9%.I risultati della ricerca sono stati presentati ieri a Roma in occasione della prima Giornata nazionale contro la corruzione in sanità. Si stima che almeno 6 miliardi di euro, cioè più del 5% della spesa sanitaria pubblica, siano sottratti alle cure dei pazienti e all’innovazione a causa della corruzione e delle fr
E’ una vera e propria epidemia, che miete vittime – anche in Calabria – nel sistema assistenziale, determinando ritardi e inefficienze, ma soprattutto costi e sperpero di risorse. La corruzione è il grande “male” – un male da sei miliardi di euro l’anno – della sanità pubblica, che pare aver infettato il sistema assistenziale tutto, da Nord e Sud del Paese, con picchi e rischi di esposizione maggiori sulla punta dello stivale. Un’azienda su tre, in Italia, sembra aver subito il “contagio”, diffuso nel circolo dell’assistenza dagli stessi cittadini, disposti pur di avere cure a bypassare regole e legalità. Sarebbero due milioni gli italiani ad aver sborsato bustarelle in cambio di favori assistenziali, milioni che diventerebbero addirittura dieci per i pazienti visitati “in nero”. E’ la fotografia impietosa della sanità italiana “scattata” da Censis, Transparency, Ispe e Rissc, che congiuntamente hanno stilato il rapporto “Curiamo la corruzione 2016”- presentato a Roma recentemente – in cui emerge il dato percepito al netto delle inefficienze e dei ritardi.
Il quadro generale. In circa il 40 per cento delle Asl (37 per cento per la precisione) si sarebbero verificati, stando al rapporto, casi di corruzione affrontati una volta su tre in modo “non appropriato” e, dall’indagine eseguita raccogliendo le riflessioni del personale del comparto, per il 77 per cento dei dirigenti sanitari le strutture nelle quali sono impiegati sarebbero esposte al fenomeno. E’ questa la percezione generale, quella che aleggia nelle strutture sanitarie, segnate però da un limite ben più importante.
Piano anticorruzione e trasparenza. Il punto focale dell’intera indagine contenuta nel dossier sta nell’esame dei Piani anticorruzione adottati dalle Aziende sanitarie. Uno strumento “preventivo” inserito nel contesto (l. 190/2012), impiegato però ancora solo in modo formale o addirittura non utilizzato affatto. Il report traccia la situazione: un’azienda su quattro ha risposto pienamente agli obblighi di legge. Ed è qui che entra in scena la Calabria. Il dossier, infatti, individua nello strumento del Piano triennale per la prevenzione della corruzione la soluzione al problema, a patto che nel definire lo strumento le Asp siano in grado di tracciare precisi rischi e precise soluzioni, secondo i principi della trasparenza. Ed è risultata incompleta, per gli studiosi, la prevenzione al rischio corruzione della Calabria, regione che si piazza sul podio fra le più esposte al fenomeno. “In termini generali – si legge nel dossier – di adempimento alle norme sulla trasparenza, le percentuali più elevate sono state registrate in Emilia Romagna, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, mentre Molise, Campania e Calabria risultano manchevoli anche solo sul profilo meramente formale”. Volendo quantificare il dato, la Calabria si piazza al secondo posto in una classifica – quella delle regioni con la più alta percentuale di aziende che non adempiono agli obblighi di legge – così suddivisa: Molise (100 per cento), Calabria (88,9 per cento), Campania (60 per cento) e Sicilia (57,9 per cento).
Il libro bianco sulla corruption in sanità. Niente di nuovo sotto il sole, verrebbe da dire, dal momento che la Calabria si trova spesso ultima tra le ultime e in testa a classifiche tutt’altro che lusinghiere. Ma l’analisi delle inefficienze, purtroppo, non si estingue qui. Tant’è che gran parte di questi dati erano già emersi in precedenza nel libro bianco sulla corruption in sanità, pubblicato sempre da Censis e partners. All’interno dell’ultima versione elaborata si individuano i settori della sanità maggiormente “infettati” dal “reato odioso”, come l’ha definito il ministro Lorenzin, e qualità delle prestazioni, in una classifica europea. Ebbene, anche qui, la Calabria si attesa in coda per le prestazioni ed i servizi, ma si piazza in testa per il rischio corruzione da tangenti (tra Sicilia e Campania). Unica “dolce” nota resta la bassa spesa delle Asp calabresi per lo smaltimento dei rifiuti, “dolce” sì ma comunque stonata in uno spartito che si fa fatica ad ascoltar
http://www.zoom24.it/2016/04/10/rischio-corruzione-sanita-calabria-14702/