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Vizi privati e pubbliche virtù

La riflessione sulla politica nazionale di Antonio Blasotta, direttore editoriale de IL NUOVO MOLISE

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Il paese dei campanelli dà la sveglia a Silvio Berlusconi e gli chiede di andare a casa. Una pretesa sacrosanta, se non fosse farcita di viziati moralismi perché, Chiesa compresa, tutti dovrebbero fare attenzione alla trave che alligna nei propri occhi prima di puntare l’indice sulla pagliuzza che scorgono negli occhi altrui. Detto ciò, è, indubbio che il capo del Governo, per primo, non può coltivare vizi privati e ostentare insieme pubbliche virtù. Non può farlo, semplicemente perché, parafrasando Spiderman (i cui panni Berlusconi ambisce di vestire) «a maggior potere corrispondono maggiori responsabilità». Un personaggio pubblico, qual è il primo ministro, non può e non deve permettersi di offrire esempi degradanti del vivere civile, quindi morale; proprio perché gli esempi offerti da coloro che sono posti sui gradini più alti della scala sociale sono fondamentali alla formazione della collettività in cui si è scelto di vivere e che si vuole rappresetare. Dal giuramento di Ippocrate in poi, c’è un codice deontologico che ogni capo d’azienda o professionista è chiamato ad osservare e che gli impedisce di contravvenire a all’etica che contraddistingue quella comunità aziendale o professionale a cui ha deliberatamente aderito. Se fosse il capo di governo di un paese arabo, Berlusconi non darebbe alcun scandalo nel coltivare harem privati; in Italia, invece, i suoi festini personali sono indice di lascivi costumi che, per questo, vanno biasimati. Come vanno biasimati i suoi detrattori: fanno specie le filippiche di certi alti prelati, che hanno da rivolgersi non pochi rimproveri per gli scandali omosessuali che incrinano la credibilità della Chiesa; fanno ribrezzo le condanne di certi partiti politici, come l’Italia dei Valori, che nei propri armadi nascondono scheletri dalla maleodorante putrefazione. Insomma, Berlusconi rende palese un malcostume che appartiene a buona parte della classe politica e dirigenziale del paese: per salvarla, questa Italia, a casa dovrebbero avere il coraggio di andarci tutti. Antonio Blasotta
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