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"UTILIZZARE SOCIALMENTE LE PROPRIETA’ DORMIENTI"

La proposta/ Sono numerosi terreni e fabbricati abbandonati da troppo tempo. Darebbero lavoro ai giovani e rilancerebbero l’economia nazionale

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AGNONE. La legge n. 266 del 23 dicembre 2005 all’art. 1 comma 343 ha costituito un apposito fondo per indennizzare i risparmiatori rimasti vittime di frodi finanziarie. Tale fondo è alimentato (comma 345) dall’importo dei conti correnti e dei rapporti bancari definiti dormienti all’interno del sistema bancario nonché del comparto assicurativo e finanziario. Il D.P.R. n. 116 del 22 giugno 2007 ha poi regolamentato l’attuazione del suddetto comma 345 in materia di depositi dormienti. L’Università delle Generazioni di Agnone (Molise), pure alla luce di tale nuova legislazione, rilan-cia la proposta, più volte pubblicizzata negli ultimi venti anni, di utilizzare socialmente le proprietà abbandonate, come terre incolte, fabbriche e fabbricati dismessi o dirùti e tutto ciò che è stato dimenticato o resta inutilizzato da parte dei proprietari. Quindi, al pari dei cosiddetti conti dor-mienti si può pensare di creare un apposito fondo per quelle che potrebbero essere definite “pro-prietà dormienti” (beni mobili ed immobili). Previo congruo avviso sul tempo dei dieci o venti anni, con apposito bando pubblico da fare conoscere pure a proprietari residenti all’estero (come tanti nostri emigrati che hanno lasciato incustoditi terreni e fabbricati), lo Stato potrebbe acquisire le proprietà dormienti, non rivendicate e non più utilizzate per dare lavoro alle giovani generazioni e per contribuire, così, al rilancio dell’economia nazionale. Una specie di “usucapione di Stato”. Infatti, parecchi terreni incolti potrebbero, ad esempio, tra tanto altro, ospitare alberi da legno pregiato (come ciliegio o altre qualità) che usualmente l’Italia importa abbondantemente dall’estero oppure essere affidati a cooperative di produzione agricola e zootecnica. Specialmente nei terreni scoscesi di collina e di montagna potrebbero essere messi a dimora alberi dalla profonde radici e tali da contribuire al rassodamento del suolo onde evitare alluvioni e frane. Mentre, le case non più abitate (alcune delle quali irrimediabilmente abbandonate dai nostri emigrati) potrebbero essere messe a disposizione a prezzi accessibili alle nuove coppie e agli immigrati oppure essere vendute come seconde case (assai richieste nei borghi antichi semi-spopolati da turisti esteri). In Italia c’è pure il triste fenomeno delle proprietà indivise, frutto spesso di controversie tra eredi o per l’impossibilità di effettuare le divisioni testamentarie a causa di eredi morti, emigrati con numerosi figli, nipoti e pronipoti non più ricomponibili per l’assegnazione notarile. Insomma, l’utilizzo delle risorse non più produttive da troppo tempo potrebbe risolvere varie situazioni sociali nonché contribuire a sanare e migliorare il territorio con benefìci economici ed ecologici di grande rilievo poiché adeguati interventi di messa in sicurezza porterebbero a risparmiare sulla protezione civile e sulle calamità naturali. Inoltre, sarebbe un grande e ingiustificato sperpero tenere ancora terre incolte, fabbricati inutilizzati e altre proprietà in via di deterioramento. Intanto si potrebbe fare sia un puntuale censimento, utilizzando e verificando sul campo pure i dati catastali e sia un accurato studio sui costi-benefici di una simile operazione che non è soltanto economica ma anche e soprattutto di civiltà e di sicurezza territoriale.
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