Partecipa a Alto Molise

Sei già registrato? Accedi

Password dimenticata? Recuperala

Il NO al Referendum danneggia le Aree Interne

Con il NO al referendum sarà sempre più difficile salvaguardare  la zona montuosa che lega l’Abruzzo e il Molise: l’Altosannio

Condividi su:

Coloro che hanno seguito le vicende di Altosannio-Almosava sanno che l’Altosannio non è soltanto una espressione storica che lo scrittore Nicola Mastronardi ha riportato all’attenzione di tutti noi con il suo romanzo storico, “Viteliù- Il nome della Libertà” e neanche una semplice espressione geografica; esso è una entità territoriale autonoma, con una sua identità culturale, socio-politica, geografica, ambientale ed economica, come ampiamente dimostrato nello studio commissionato da ministro Barca a centinaia di studiosi di tutti i settori culturali italiani pubblicato 3 anni fa, nel gennaio 2013 (si veda http://www.meteoweb.eu/wp-content/uploads/2013/12/riordino_territoriale.pdf). La filosofia di fondo, a base di questo studio e di altri progetti similari, consiste nel ridurre drasticamente i livelli decisionali che, partendo dallo Stato, raggiungono il cittadino: dagli attuali 6 livelli (Stato, Regioni, Province, Comunità Montane, Comuni, Frazioni) a soli tre livelli (Stato, Regioni e Comuni Grandi o Associazione dei Comuni.) Alcuni di questi livelli, come Comunità Montane e province, sono stati eliminati o imbrigliati. Un voto contrario alla riforma costituzionale, invece, rimette in discussione tutto l’ampio progetto di semplificazione dell’ordinamento dello Stato e mantiene in campo migliaia di poltrone ad uso e consumo di politici di professione.

Vediamo in dettaglio cosa succede con la riforma:

  1. Province

L’ attuale art. 114 c.1 della costituzione recita: La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolita ne, dalle Regioni e dallo Stato.

Il nuovo art. 114 c.1 diventaLa Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato.

In sostanza, le Province non sono più in Costituzione: viene evitato che risorgano dalle ceneri e, con esse, il vecchio ordinamento che prevedeva anche le Comunità Montane.

  1. Forme associative dei Comuni

L’attuale art. 117 c.2 recitaLo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: punto p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni e Città metropolitane. 

Il nuovo art. 117 c.2 diventaLo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: punto p) ordinamento, legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni e Città metropolitane; disposizioni di principio sulle forme associative dei comuni(le parole in grassetto sono una novità assoluta)

In sostanza, si prosegue sulla linea del progetto di giungere a soli tre livelli decisionali: Stato, Regioni e Associazione o Unione del Comuni) e la competenza sulle Unioni dei Comuni torna ad essere statale, evitando in questo modo il riordino istituzionale 'fai da te' degli ultimi anni che ha prodotto qualcosa di buono solo in aree seriamente impegnate al miglioramento dei servizi ai cittadini.

  1. Aree Interne

L’attuale art. 44 della Costituzione prevede al comma 2: La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane.

Le Zone Montane, intese come Aree Interne periferiche, identificabili in prima istanza nella ”lontananza” dai servizi essenziali, rappresentano il 53 per cento circa dei comuni italiani (4.261) cui fa capo il 23 per cento della popolazione italiana secondo l’ultimo censimento, pari a oltre 13.500.000 abitanti, residenti in una porzione del territorio che supera il 60 per cento della superficie nazionale.

Non risulta che, a costituzione vigente sia stato garantito un processo di salvaguardia delle sue popolazioni, degno di questo nome. Anziabbiamo assistito a un crescente desertificazione di dette areeNon solo.

  • Prevalgono Comuni di piccole dimensioni (in Altosannio sono la quasi totalità) che rendono particolarmente difficile l’organizzazione dell’offerta dei servizi.
  • C’è un costante aumento della quota della popolazione anziana (65 anni e più), con percentuali di aumento, negli ultimi anni, molto elevate.

Le trasformazioni demografiche, sia quantitative sia qualitative, hanno determinato un allentamento del presidio della popolazione sul territorio e un cambiamento nell’uso del suolo e della sua destinazione, con conseguente aumento di fenomeni quali la perdita di una tutela attiva del territorio, l’aumento del rischio idrogeologico e una decrescente tutela della salute: la riorganizzazione dei servizi sanitari è guidata dalle Regioni con ricerca di soluzioni organizzative tendenti a frenare la crescita della spesa. Questa situazione non è accettabile per le aree interne. Le Regioni hanno dimostrato di non saper contribuire efficacemente al riequilibrio delle risorse dall’ospedale alle cure territoriali. Occorre che intervenga lo Stato Centrale, contro le conventicole regionali interessate a non danneggino i bacini di forte interesse elettorale quali i centri regionali e provinciali.

Ebbene, la riforma Costituzionale introduce delle novità:

La prima novità sta nella nuova norma riportata al punto m) comma 2 art. 117: ” Lo Stato ha legislazione esclusiva circa le disposizioni generali e comuni per la tutela della SALUTE, …….”. Si parla di disposizioni e non più di Indirizzi.

La seconda novità sta nell’art. 119 c.4 che parla del finanziamento delle funzioni pubbliche delle Regioni. “Con legge dello Stato vengono definiti indicatori di costo e fabbisogno per l’efficacia ed efficienza delle funzioni regionali“. Altro cappio attorno al sistema padronale con cui la Regione tratta la Sanità.

Infine, la riforma Costituzionale interviene, nell’art. 117 c.4, con la "clausola di supremazia” la quale stabilisce che "su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell'interesse nazionale". Si dà il caso che le Aree Interne sono un enorme interesse nazionale.

In definitiva, se vince il Si:

  • vengono eliminate le province
  • viene data forma e sostanza all’Unione dei Comuni
  • viene rafforzata la possibilità di salvaguardare le Aree Interne, in particolare nel settore della sanità.

In poche parole, l’Altosannio può sperare in un futuro migliore

Viceversa, se vince il No, per l’Altosannio viene precluso qualsiasi futuro diverso dall’attuale, di area interna dimenticata.


 Agli amici che sono affascinati dal sovranismo (prima l’Italia) e temono la supremazia tedesca, per cui sono disposti a sacrificare la prospettiva di un meno depresso Altosannio sull’altare dell’ italianità, dedico queste semplici parole:

Il giochetto del sovranismo, accompagnato da giochetti sulla propria moneta, potrebbe reggere finché coesistessero una America Obamiana, docile e tranquilla, una Russia in difficoltà e una Cina alle prese con i primi passi dello sviluppo. Le cose cambiano quando la Cina si avvia ad essere il primo paese economico al mondo, La Russia ritorna ad essere la potenza che era e l’America si chiude al resto del mondo.

Un fatterello successo a margine di una riunione dei ministri degli esteri europei, che ha visti protagonisti i ministri Boris Jhonson, inglese, e Carlo Calenda, italiano, è già di per sé illuminante. Alla richiesta di Jhonson di rivedere al ribasso l’intransigenza italiana verso la Brexit “poiché il Regno Unito è un grande importatore di Prosecco”, il nostro ministro ha risposto “Noi venderemo meno Prosecco in un solo paese, Voi, invece, venderete meno fish and chips in 27 paesi europei, il più grande mercato mondiale”.

Se non bastasse questo fatto, si consideri che un gran Paese, economicamente forte e diversificato in tutti i settori industriali e commerciali, come per esempio l’America, può permettersi il lusso di isolarsi; un piccolo paese come L’Italia, No.

Facciamo un esempio riguardante l’esportazione di prodotti di meccanica di precisione oggi molto favorevole all’Italia. Con la chiusura dei mercati, i grandi paesi con dimensioni e diversificazioni importanti come Cina USA e Russia, possono provvedere direttamente ai loro bisogni; in alternativa, le stesse aziende italiane, per non perdere quel mercato protetto, potrebbero decidere di traslocare armi e bagagli in quei paesi esteri, abbandonando l’Italia che, isolata, vedrebbe ridurre fortemente produzione e occupazione.

Per l’importazione prendiamo, ad esempio, il settore della telefonia, in cui l’Italia è deficitaria: tutto arriva dall’estero. Con il protezionismo annunciato, tutto costerebbe di più e non avremmo alcuna possibilità di avviare una produzione diretta dei prodotti della telefonia, stante la dimensione non sufficiente del solo mercato italiano.

Tutto cambia, invece, se l’Italia resta ancorato al più grande mercato del mondo, qual è quello europeo, pur anche privo del Regno Unito. Sia per le esportazioni, sia per le importazioni ci sarebbe la possibilità di ridurre al minimo gli effetti del protezionismo.

Condividi su:

Seguici su Facebook