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Cosa succede se non vado al lavoro per colpa della neve? Risponde Salvatore Carosella, Consulente del Lavoro,dirigente sindacale Cgil

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Considerato che in questi giorni e, secondo le previsioni meteo anche quelli prossimi venturi, il nostro Paese e in particolare l'Alto Molise e Vastese, risulta interssato da copiose e persistenti nevicate a carattere eccezionale , l’argomento di cui al titolo appare di attualità e meritevole d’informazione sia per le lavoratrici e i lavoratori che per i datori di lavoro.

Altomolise.net ha voluto intervistare un esperto del mondo del lavoro al quale abbiamo rivolto una serie di domande. Il nostro qualificato interlocutore, che ha gentilmente risposto alle nostre domande, e' Salvatore Carosella, noto sindacalista della Cgil Molise, agnonese, ex segretario generale della FP Cgil Molise, dottore in Scienze dei Servizi Giuridici, titolo conseguito presso l'Università di Siena, e Consulente del Lavoro. 

Che tipo di diritti ha un lavoratore che non può andare a lavoro a causa  della neve?

Tutto è normato dagli articoli 1218 e 2104 del Codice Civile e dai Contratti Collettivi Nazionali del Lavoro (CCNL), sia del settore privato che di quello pubblico. Un lavoratore ha a disposizione massimo 3 giornate di permesso nell’arco di un anno, per eventi di natura straordinaria che gli impediscono di recarsi a lavoro. Impedimenti che non sono solo meteorologici, ma che possono essere anche di natura familiare o personale, sempre che siano imprevisti e per l’appunto straordinari.

Quindi un lavoratore che la mattina è bloccato a causa della neve e non può raggiungere il posto di lavoro può utilizzare immediatamente il permesso?

Si, però ci sono delle condizioni necessarie affinché questo permesso sia riconosciuto. Il dipendente ha l’obbligo di comunicare la sua impossibilità di raggiungere l’azienda o l’ufficio prima dell’orario di inizio del servizio. Ad esempio, se un lavoratore  deve iniziare la sua attività alle 8:00 deve comunicare l’impossibilità ad essere presente con un certo anticipo rispetto all’inizio del turno di lavoro.

Quindi la tempestività si risolve nella mattina stessa e non è necessario un preavviso di giorni?

Non si può avvisare il datore di lavoro giorni prima in caso di previsioni meteo avverse. L’impossibilità deve essere improvvisa e oggettiva. Ad esempio se mi sveglio e trovo un metro di neve, e di conseguenza non posso andare a lavoro perché le strade non sono libere e rischio la mia incolumità, sono di fronte ad una oggettiva impossibilità con precise cause. Altro obbligo del dipendente è quello di dimostrare in maniera adeguata l’impossibilità di raggiungere il luogo del lavoro.

Dunque l’onere di dimostrare impossibilità di andare a lavoro è a carico del lavoratore?                                   

Si, spetta al dipendente dimostrare questa impossibilità per avere diritto al permesso straordinario. L’onere della prova è stabilito dall’articolo 1218 del Codice Civile.

In che modo il lavoratore  deve dimostrare questa impossibilità?

Vanno bene foto oppure prove che dimostrino che non c’è stato un  servizio di sgombero neve efficace al punto da non permettergli di arrivare sul posto di lavoro.

A quali sanzioni va incontro il lavoratore se non comunica la sua assenza in modo tempestivo?

Se non viene adeguatamente dimostrata l’impossibilità di raggiungere il posto di lavoro, l’assenza è convertita in ferie e sono anche  possibili sanzioni disciplinari perché la mancata comunicazione impedisce al datore di lavoro di organizzare il servizio in modo adeguato, per esempio la rotazione nelle organizzazioni del lavoro turnistico.

Prima diceva che i giorni di permesso sono 3. Ma nel caso in cui per eventi straordinari l’impossibilità si prolunga oltre questo termine, cosa può fare il lavoratore? Ad esempio nell’Alto Molise e Vastese in questi giorni ci sono state frazioni di alcuni paesi isolate per un tempo superiore a 3 giorni…

Non è prevista un’estensione di questi 3 giorni. Il Codice Civile ha introdotto il principio che il lavoratore debba obbligatoriamente essere retribuito se è impossibilitato a raggiungere il luogo di lavoro per cause straordinarie. I Contratti Nazionali hanno poi  quantificato questo diritto in un periodo massimo di 3 giorni. Di fronte a situazioni di ulteriore difficoltà , (oltre i 3 giorni), il lavoratore deve attivarsi (art. 2104 del codice civile diligenza del prestatore di lavoro) affinché vengano rimosse le cause dell’impedimento. Per esempio se il primo giorno non può uscire di casa a causa della neve, dal giorno successivo il lavoratore deve rivolgersi agli Enti competenti (Vigili del Fuoco, Forze dell’Ordine, Enti Locali, ecc.) per chiedere di rimuovere gli ostacoli che gli impediscono di recarsi a lavoro.

Quindi oltre a dimostrare la causa, il lavoratore deve anche attivarsi per far farla rimuovere…

Si, ha tutti e due gli oneri. E’ giusto chiarire che può verificarsi anche la situazione opposta, ovvero che il dipendente si rechi a lavoro e che sia il datore di lavoro ad essere impossibilitato a raggiungere e ad aprire l’attività. Anche in questo caso il lavoratore ha diritto alla retribuzione della giornata, sempre per un massimo di tre giorni.  Va da sé che  anche il datore di lavoro ha l’obbligo di attivarsi per far ripartire l’attività produttiva. In alcuni casi il contratto può prevedere l’obbligo di risiedere nel comune dove ha sede l’attività lavorativa.

Chi lavora con contratti precari ha diritto a questi permessi straordinari?

Si, se si tratta di lavoro con contratti a tempo determinato regolamentato dai CCNL. In questo caso il lavoratore ha diritto al  permesso straordinario che, però, deve essere calcolato in base al numero di mesi di lavoro da effettuare.

E invece per le altre forme contrattuali più precarie come ex Co.Co.Co o lavoratori a Partiva IVA?

No, questi lavoratori non hanno diritto ai permessi. Gli ex Co.Co.Co, ad esempio, hanno forme contrattuali di tipo individuale perché sono lavoratori a progetto. Lo stesso vale per i lavoratori con Partita IVA, come per alcuni professionisti che svolgono attività continuativa senza essere coperti dal Contratto Nazionale.

Dunque se nel contratto individuale non c’è nessuna clausola che prevede permessi di natura straordinaria il lavoratore non ne ha diritto?

No, se non è previsto dal contratto individuale non c’è questo diritto. In questo tipo di lavoro il contratto è di natura privata e stabilisce le clausole che impegnano dipendente e committente.

Sempre più spesso, però, con questo tipo di contratti il lavoratore svolge un’attività del tutto simile ai lavoratori con contratto strutturato. In questo caso come può tutelarsi un lavoratore impossibilitato a raggiungere il luogo di lavoro?

In questo caso non ci sono tutele, tant’è  che non vi sono coperture neanche per assenze in caso di malattia o similari.

E non è possibile ricorrere a vie legali per tutelarsi?

No, non è possibile. Le tutele riguardano solo i Contratti Collettivi Nazionali,  sia per i lavoratori pubblici che per quelli del settore privato, sia per i tempi determinati che indeterminati, mentre, purtroppo,  il lavoro “deregolamentato” non gode di  queste tutele. Queste forme di lavoro flessibile, ulteriomente incrementate dal cosiddetto “Jobs Act”, sono state create per abbattere i costi per il datore di lavoro e creare, teoricamente, più occupazione. Teoricamente, perché questo poi non è avvenuto. Solo il Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro garantisce gli stessi diritti in tutta Italia.

E i lavoratori pagati con i voucher?

In questo caso si tratta di lavoro occasionale e i loro diritti si esauriscono nel buono lavoro,  il voucher, del valore minino di 6,50 euro, che  viene  consegnato alla fine della giornata. Per questo motivo non hanno nessun permesso straordinario, né altro tipo di tutela.

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