L’ex presidente di F2i con Quercus, il principale fondo europeo specializzato nelle rinnovabili. Impianto da 600 megawatt per un costo di 600 milioni di euro. I capitali iraniani, la consulenza italiana. I buoni uffici di Londra
Trecento giorni di sole all’anno e lo 0,2% della produzione nazionale di energia da fonti rinnovabili. L’Iran è un ossimoro. A poche ore da una concitata assemblea Onu in cui il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha definito «imbarazzante» il protocollo nucleare siglato con l’Iran qui lo spartito è completamente diverso. La realpolitik suggerisce un approccio differente, soprattutto se i rapporti bilaterali hanno una solida e fiorente tradizione. Lord Larmont di Lerwick, rappresentante per il commercio del governo inglese, rivendica così la necessità di «migliorare i rapporti commerciali con l’Iran». Lo ascolta interessato Hamid Baeidinejad, ambasciatore iraniano a Londra che – preso in contropiede dalle dichiarazioni al vetriolo di The Donald – spinge sull’acceleratore. Teheran ha bisogno del Regno Unito. E anche dell’Italia, per «uno dei più grandi impianti fotovoltaici al mondo»
Il ministero dell’energia iraniano ha appena firmato con Quercus un’intesa che vale oltre 600 milioni di euro. Per un impianto da 600 megawatt nella regione centrale del Kerman, il sesto per capacità installata (preceduto da tre cinesi e due indiani) a regime dal 2020. Quercus è una società di diritto lussemburghese, ma ha un management tutto italiano. E’ il principale fondo europeo specializzato nelle rinnovabili. Lo presiede Vito Gamberale, l’ex amministratore delegato di Telecom e Autostrade e più recentemente del fondo infrastrutturale F2i. Lo guida Diego Biasi, cofondatore e azionista della sgr, ex direttore generale di banca Imi qui nella City.http://www.corriere.it/economia/17_settembre_21/gamberale-progetta-piu-grande-impianto-fotovoltaico-dell-iran-cd4bf392-9e92-11e7-8e38-5c41d07827be.shtml