Alcuni dei sacerdoti che avevano relazioni omosessuali fra loro e che erano diventati ricattabili da parte di due molisani arrestati oggi dai Carabinieri hanno ammesso di aver avuto rapporti su Facebook con i due indagati: è questo il risultato delle prime perquisizioni fatte dai militari nelle abitazioni dei preti coinvolti nella vicenda. I controlli e le testimonianze sono incompleti perchè alcuni sacerdoti si trovano fuori dai loro abituali luoghi di residenza, in diverse regioni d'Italia: coloro che hanno ammesso di aver avuto rapporti sul social network con i due presunti ricattatori hanno però puntualizzato di non aver avuto richieste di soldi. Diego Caggiano e Giuseppe Trementino - i due arrestati - hanno potuto avviare il ricatto perchè, su Facebook, hanno creato profili in cui hanno fatto credere di essere omosessuali. In tal modo hanno «pescato» anche i sacerdoti: le confidenze che si sono fatte vicendevolmente hanno fornito ai due il materiale per chiedere il denaro (avrebbero ottenuto in totale meno di diecimila euro, non decine di migliaia, come scritto in precedenza). Il ricatto era basato solo sulla confidenza: non vi sarebbero nè filmati nè foto di incontri «intimi» fra i sacerdoti. Quando uno dei sacerdoti si trovava, circa tre mesi fa, a Maratea (Potenza), per motivi personali, ha ricevuto la prima telefonata estorsiva. Tornato in Molise, il sacerdote ha denunciato il fatto ai Carabinieri. Le indagini sono così state trasferite dalla Procura di Isernia a quella di Lagonegro. Il sacerdote ricattato - che ha raccontato tutto quando la richiesta di denaro è aumentata rispetto ai 100-200 euro chiesti in precedenza - ha riferito di sapere che altri due preti avevano avuto richieste estorsive simili. La «rete» è stata ricostruita dai Carabinieri attraverso le perquisizioni in casa dei due indagati e la verifica dei loro contatti su Facebook. Nei prossimi giorni altri controlli saranno fatti per completare il quadro investigativo.