La stagione venatoria è ormai alle porte e, come tutti gli anni, le associazioni venatorie e i singoli amanti di Diana hanno da ridire sul calendario venatorio approntato dalla Regione. L’avvocato Alfonso Tagliamonte, appassionato ed esperto cacciatore dell’Alto Molise, alimenta il dibattito con alcune considerazioni sul calendario venatorio, rispondendo a qualche domanda proposta da Il Nuovo Molise. E già l’inizio risulta, a ragion veduta, decisamente polemico.
«Premetto che l’art. 18 della Legge 11 febbraio 1992, n. 157 dispone che le regioni pubblicano, entro e non oltre il 15 giugno, il calendario venatorio».
Termine temporale non rispettato nemmeno quest’anno, giusto?
«Come al solito le leggi ci sono ma poi chi dovrebbe rispettarle più degli altri fa come vuole».
Bene, anzi male, ma entriamo nel merito. Come le sembra questo calendario venatorio?
«Nel documento istruttorio riportato nelle premesse della deliberazione di G.R. n. 498 del 18/7/2011 e nel calendario approvato si leggono cose alquanto “strane”. Viene affermato che “per la selvaggina stanziale si ha la certezza della presenza sul territorio proprio in virtù dei ripopolamenti effettuati …” e poi, per alcune specie quali il fagiano, la lepre e la starna si ha l’ardire di affermare che “sono presenti sul territorio regionale grazie ai massicci ripopolamenti e particolari Piani di Azioni effettuati dagli Atc oltre che dalle Amministrazioni Provinciali”. Ma quali immissioni sono state effettuate? Quali piani sono stati adottati e attuati?».
Davvero non sono stati effettuati lanci di selvaggina? «L’assessore alla caccia-presidente Iorio non è a conoscenza che gli Atc non hanno fatto ripopolamenti di alcun tipo e neppure le Provincie o altri enti hanno liberato selvaggina? Le lepri e starne sono rare nel Molise: nelle zone montane la loro somma algebrica è notevolmente inferiore al numero dei caprioli (vietati nel terreno libero e permessi stranamente solo nelle aziende insieme al daino e al cervo, anche se le aziende non li hanno mai acquistati e immessi ma sono solo il frutto di una naturale propagazione dai confinanti parchi nazionali). Diversamente dai fagiani, che costituiscono essenzialmente solo temporanea occasione per un’ottima alimentazione delle volpi appena dopo i lanci e che, dopo solo alcuni giorni di pressione venatoria, si riducono notevolmente».
E in merito al prelievo del cinghiale, la caccia più praticata, ha riscontrato delle “stranezze”?
«Si dice nella relazione che viene ridotto il periodo di caccia al cinghiale (dal 15 ottobre al 15 gennaio e cioè tre mesi). Ma quale riduzione? Nella decorsa stagione il prelievo era consentito dal 2 ottobre al 2 gennaio e cioè, come prevede la legge, sempre per tre mesi».
Fino al 15 gennaio? Ma non si è troppo in là con i tempi?
«Certamente. Non si riesce purtroppo a recepire una volta per tutte che le scrofe a gennaio sono tutte gravide per cui non devono essere cacciate. Quanta tristezza nell’eviscerare animali che hanno in pancia dei cuccioli».
Oltre agli aspetti etici, il prelievo di femmine gravide comporta un notevole danno biologico alla specie. La Regione dovrebbe fare queste considerazioni. Ma andiamo oltre.
«Vi sono poi altre perle. Nel Molise il daino si caccia dal 16 ottobre al 27 novembre solo la domenica e il cinghiale solo mercoledì, sabato e domenica. Il capriolo, il daino e il cervo solo nelle aziende Atv. Queste previsioni normative sono illogiche e dannose».
Perché? Ci faccia capire nel dettaglio. «Se la caccia è aperta, come si fa a impedire che un cacciatore che è libero da impegni, supponiamo il giovedì, di abbattere un bell’esemplare di cinghiale che, forse edotto delle previsioni del calendario regionale, gli si presenta tutto bello e tranquillo a tiro di schioppo in tale giorno? Che razza di norma è mai questa? Ma i cinghiali sono da proteggere perché pochi o da limitare perché in esubero? Ce lo dicessero una volta per tutte in modo chiaro». Ammazzare un cinghiale o un daino di lunedì o giovedì significa rischiare le pesanti sanzioni penali previste dall’art. 30 della L.157/1992: sequestro dell’arma, della selvaggina, denuncia alla Procura della Repubblica, procedimento penale e sentenza di condanna con arresto da tre a un anno o l’ammenda da € 900 a 2.500 euro e come conseguenza la confisca e distruzione dell’arma e la sospensione del porto di fucile per un periodo da uno a tre anni. Conseguenze queste, per un appassionato, che definirei tragiche».
Insomma, una bocciatura senza appello per la Regione Molise?
«Ma perché non si prendono i buoni esempi? In altre Regioni, ad esempio in Abruzzo, il cinghiale si può abbattere in tutti i giorni di caccia nel limite dei tre giorni settimanali a scelta del cacciatore. Norme semplici, che non ammettono dubbi o interpretazioni».
In realtà anche in Abruzzo i cacciatori sono scontenti per le norme che regolano il prelievo del cinghiale, ma forse, come dice lei, il quadro è più chiaro e semplificato. In chiusura, avvocato, aggiunga ciò che vuole.
«Nel calendario venatorio è stato previsto infine, e consentitemi di avanzare dei dubbi di legittimità al riguardo, che qualora la Regione regolamenti la caccia al cinghiale prima dell’inizio della stagione venatoria, la stessa dovrà svolgersi nel rispetto della nuova disciplina. A parte che non avrebbe alcun senso disciplinare un qualcosa che poi potrà a scelta non essere rispettata, in base all’art. 10 della L. 157/1992 e della L.R. 19/1993, il regolamento è di esclusiva competenza della Provincia ed è indissolubilmente connesso al Piano Faunistico-Venatorio, che ad oggi non è stato approvato. Ma tutto questo dovrebbe essere a conoscenza del presidente-assessore Iorio, che in materia di caccia ha nominato ben due consulenti: Clara Di Paolo e Dora Pizzi, per piani di gestione Zps Sic e osservatorio dinamica delle popolazioni degli ungulati. Come al solito senza alcuna procedura pubblica, scelte direttamente dal governatore al modico prezzo di 66mila euro annui e alla faccia di tutti i giovani disoccupati che se vogliono lavorare con dignità devono solo andarsene dal Molise e dall’Italia».
