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Didritto e dirovescio: lavorare o meno nei giorni festivi.

Di Maio vuole rivedere la licenza di lavorare nei giorni festivi

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La Chiesa ha raccolto il grido di dolore di molte commesse chiamate a lavorare di domenica. Una per tutte, ex commessa e leader di un grosso movimento d’opinione, Tiziana d’Andrea che ha avuto l’onore e l’insospettabile fortuna di essere ricevuta per quasi un’ora dal segretario di Stato Vaticano, monsignor Pietro Parolin. Va ripetendo in ogni intervista: «Ha ragione la Chiesa quando afferma che bisogna impegnarsi perché la legislazione civile recepisca, nel rispetto della libertà religiosa e del bene comune, il riposo la domenica e nei giorni festivi. Non basta il cosiddetto giorno di riposo compensativo. Che te ne fai, infatti, del lunedì mattina, quando i tuoi figli sono a scuola e il marito in ufficio? Il riposo che senso ha, se non lo condividi anzitutto con coloro che ami?», si chiede polemicamente D’Andrea. «Fino a quando non ci riapproprieremo della domenica, saranno sempre più a rischio i nostri affetti; le relazioni familiari e le nostre case somiglieranno sempre più ad alberghi frequentati da sconosciuti». Di domenica Tiziana, per scelta, non va mai al centro commerciale a fare acquisti. «Casomai», dice, «vado a correre un po’».

Posizione sacrosanta e rispettabile quella della Chiesa, di Tiziana, e di coloro che spingono perché venga superato il Decreto Monti che nel 2011 liberalizzò le aperture degli esercizi commerciali di domenica e nei giorni festivi 


D’altra parte, però, va detto, che qui non sono in discussione il riposo, né le condizioni di lavoro. Il contratto di lavoro, per tutti, garantisce due giorni di riposo ogni 14, un massimo di 25 domeniche sulle 52 annue, deroghe per chi ha situazioni familiari o personali particolari, maggiorazioni salariali.

Senza dimenticare  tre aspetti fondamentali:

  1. Ci sono categorie che, per il nostro benessere, sono tenuti a lavorare nei giorni festivi. Mi riferisco agli operatori del servizio sanitario come chirurghi, infermieri, farmacisti (salvo qualche primario che, orribile, chiude il suo reparto per festeggiare, come successo a Napoli), agli operatori del servizio dei trasporti come ferrovieri, piloti, assistenti e controllori di volo, tramvieri, taxisti, benzinai e, ancora, agli operatori del servizio turistico come ristoratori, camerieri, cuochi, pasticcieri, agli operatori del tempo libero come calciatori, allenatori, cestisti e pallavolisti, attori, addetti del cinema, dello stadio, del teatro, dei musei, del circo, agli operatori dell’informazione come giornalisti, giornalai, tipografi, agli operatori della sicurezza come poliziotti, carabinieri, finanzieri, agli operatori della pulizia come spazzini e facchini. A cui vanno aggiunti, non certamente i cardinali, i vescovi e i sacerdoti che la domenica dicono messa, ma, sicuramente tutti i civili operatori delle liturgie ecclesiastiche che sono chiamati (obbligati) a collaborare con loro, come segretari, sacrestani, addetti alle pulizie.
  2. Sono milioni i lavoratori e soprattutto le lavoratrici che non hanno la possibilità di accedere ai servizi di distribuzione commercialedurante la settimana; l’unico giorno disponibile è quello domenicale. E’ giusto che queste lavoratrici siano costrette all’impossibile per far quadrare i conti della propria famiglia oppure privarle della possibilità di uno svago domenicale, come quello, importante per una donna, di visitare punti di vendita di loro gradimento?
  3. la chiusura nei giorni festivi porta, inevitabilmente, a una riduzione dei posti lavoro. Tiziana d’Andrea andrebbe a correre ma tanti ragazzi, oggi impegnati nei negozi o centri commerciali, resterebbero a casa.

Queste sono le posizioni che si scontrano: in ogni caso, la chiusura dei negozi e dei centri commerciali nei giorni festivi porta alla diminuzione di posti di lavoroQuesto deve essere chiaro e Di Maio che vuole intervenire per ripristinarle non può prendersela con i suoi ministeriali o con il governo precedente.

 

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