Tra nomine di commissari liquidatori delle Comunità Montane e la richiesta assillante di essere nominato commissario della sanità, il presidente della Regione Donato Toma, sta vivendo il periodo più buio che un governatore possa vivere appena eletto. Questi due fatti rischiano di polverizzare il consenso ottenuto il 22 aprile e di battere anche il predecessore Paolo Di Laura Frattura, in quanto a impopolarità da debutto.
Analizziamo i fatti. E’ di poche ore fa la nomina di quattro commissari liquidatori per le comunità montane del Molise. Niente di straordinario lo avrebbe dovuto fare, almeno fino a quando non applica le norme del titolo V della Costituzione in materia di autonomia regionale. Quello che fa davvero imbufalire il popolo sono i nomi che ha scelto: Carlo Perrella (figlio dell’ex assessora regionale Angela Fusco Perrella), Pompilio Sciulli sindaco di Pescopennataro e presidente dell’Anci, Domenico Marinelli e Giovancarmine Mancini.
Cosa hanno in comune i 4? Sono tutti personaggi che si sono candidati a sostegno di Donato Toma durante le regionali di aprile. Quindi nulla di nuovo sotto il sole. Solo un passaggio per accontentare i non eletti che comunque ci hanno speso in campagna elettorale. I commissari costano 2mila euro al mese ciascuno. Uno stipendio che non solo coprirà le spese di quanto sostenuto ma anche di più.
Poi c’è lui, il presidente della Regione, che invoca la nomina a commissario della sanità da parte della ministra della salute Giulia Grillo. Che per ora sembra totalmente immobile sulla questione. Si sa che è contraria alla nomina dei presidenti delle regioni, ma non nominare Toma significherebbe cambiare le cose anche in Campania. E si andrebbe a innescare un meccanismo da cui sarebbe difficile uscire.
Ma se Sparta piange Atene non ride. Il Movimento Cinque Stelle si sta impegnando fortemente sulla questione commissario alla sanità. Andrea Greco, il capogruppo in consiglio regionale, ha anche girato un video in cui denuncia quanto sta accadendo alla Regione. Ma ci chiediamo anche se tutto questo non sia un modo per nascondere quanto avviene al proprio interno. Infatti nell’ultima assemblea regionale, il non eletto Oreste Scurti è stato più volte invitato al silenzio rispetto a questioni interne al Movimento.
“Sono stato lasciato solo, quando c’era più bisogno della vicinanza del Movimento, mi hanno abbandonato in una battaglia legale impari per le forze di un’unica persona”. Questo ha dichiarato Scurti in uno sfogo aggiungendo anche: Il mio ricorso contro la regolarità delle elezioni regionali, avrebbe potuto ribaltare il risultato in favore di Andrea Greco, ma quelli che mi avevano garantito la loro firma e il loro appoggio, il giorno che scadevano i termini per la presentazione, si sono eclissati”.
E il centrosinistra intanto che fa? Questa sarebbe la domanda populista che si farebbe il molisano medio. La consigliera Pd Micaela Fanelli ha presentato il ricorso contro la mancata presenza femminile in Giunta firmato da Beatrice Matalone. Un passo per riconquistare la fiducia dell’elettorato perso. Ma non basta se poi si cade in errori banali come quello di presentarsi al Molise pride del 28 luglio con le bandiere di partito. La puzza di strumentalizzazione è stata sentita da Termoli fino a Venafro. Bastava esserci ma senza l’egida del partito di appartenenza.