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Marcinelle, a 62 anni dalla tragedia il dovere del ricordo

L'anniversario delle 262 morti in Belgio, tra cui 136 italiane e 7 molisane, coincide quest'anno con la manifestazione anticaporalato di Foggia

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Oggi a Foggia i sindacati sono in piazza per lottare contro caporalato e lavoro nero. Le sedici morti avvenute sulla statale 16 adriatica devono trovare un responsabile. Paradossalmente questa manifestazione arriva proprio oggi 8 agosto, quando si celebra un anniversario importante: quello della tragedia di Marcinelle in Belgio. Dove 136 italiani di cui 7 molisani, morirono in maniera brutale in miniera. I morti totali furono 262. In quella occasione noi fummo quello che i neri sono oggi in Italia. Il dovere del ricordo si rende ancora più necessario per capire che ciascuno di noi può essere il Sud di qualcun altro. L'immigrato di qualcun altro. 

Erano le 8.10 dell'8 agosto 1956 quando tutto avvenne. I minatori italiani erano presenti da un paio di anni a Charleroi in Belgio. Era un posto sperduto della Vallonia e lavoravano nel sobborgo di Marcinelle. 

Come i tanti italiani presenti nelle miniere di mezza Europa negli anni ’50, erano invogliati dal bisogno e dal governo ad andare a lavorare all’estero. Il viaggio verso il Belgio era pagato dallo Stato italiano, in virtù del patto bilaterale concluso con il Belgio nel 1946. L’Italia si impegnava ad avviare 5.000 lavoratori l’anno  nelle miniere belghe.

Le condizioni di lavoro erano al limite del sopportabile, simili a quelle di chi oggi va a raccogliere pomodori a meno di un'euro all'ora. I minatori vivevano negli alloggi degli ex lager nazisti ed erano sottoposti a severe visite mediche. 

"Molti di loro - come testimonia il museo dell'emigrazione molisana-  dopo una vita di durissimo lavoro, spesso facendo i pendolari tra l’Italia, dove erano rimaste le famiglie, e il luogo di lavoro, oppure dopo essersi definitivamente stabiliti in Belgio, in Svizzera, in Germania, morivano prematuramente, sovente alle soglie dell’agognata pensione, per malattie respiratorie, silicosi perlopiù e neoplasie legate al lavoro in miniera effettuato per anni senza alcuna protezione".

Tutto questo precedette la tragedia dell'8 agosto 1956. Nella miniera di Marcinelle avvenne l'incidente minerario più tragico della storia recente. Alle 8:10 un macchinista addetto ad una delle gabbie del pozzo di estrazione si accorse che essa si era improvvisamente arrestata e non rispondeva più ai comandi. Solo 13 furono i minatori superstiti, che raccontarono ai posteri quanto avvenne in quella orribile mattina di inizio agosto. Gli altri morirono asfissiati: non avevano nemmeno le maschere antigas in dotazione. 

I lavori nella miniera di Marcinelle ripresero nell’aprile del 1957 e continuarono ancora per altri 10 anni e fino al 9 dicembre del 1967 quando venne definitivamente chiusa. Questi i nomi dei molisani che morirono in quell'incidente: Felice Casciato di Sant'Angelo del Pesco, Francesco Cicora di San Giuliano di Puglia, Francesco Granata di Ferrazzano e suo fratello Michele Granata, Michele Moliterno di Ferrazzano, Pasquale Nardacchione di San Giuliano del Sannio e Liberato Palmieri di Busso. 

Come ogni anno anche alle 8.10 di oggi  la campana suona 262 rintocchi per i minatori deceduti, altri 10 per i caduti di tutte le miniere nel mondo, infine suona a distesa in onore delle vedove e dei figli per richiamare le genti a meditare su quanto accaduto 62 anni fa a Marcinelle.

In rappresentanza del Molise quest'anno è andata la consigliera regionale della Lega Filomena Calenda

"Arrivata a Marcinelle(Belgio) delegata dal Presidente del Consiglio Salvatore Micone  - ha sostenuto - per ricordare il disastro che avvenne l’8 Agosto 1956 provocando la morte di 262 persone delle 275 presenti di cui 136 Italiani, il terzo disastro più grande per italiani residenti all’estero. Tra i caduti ci furono 7 Molisani, tre persone di Ferrazzano, una persona di S.Angelo del Pesco, una persona di S.Giuliano di Puglia, una persona di Busso e una persona di S.Giuliano del Sannio. Questo disastro deve servire per non ripetere più gli stessi errori, ma soprattutto deve essere un richiamo forte nel rispettare le regole e le norme di sicurezza. Ascoltare ai rintocchi della campana di Agnone i nomi di quei lavoratori, che per garantire un'esistenza dignitosa alle proprie famiglie, hanno accettato di lavorare in condizioni precarie, andando incontro alla morte, mi ha riempito il cuore di lacrime. Essere lì, portare il vessillo della nostra regione con la deposizione della targa a futura memoria dei  7 corregionali,  che hanno perso la vita nella miniera di carbone di Bois du Cazier, è per me motivo di profonda commozione. Ancora oggi si registrano incidenti sui luoghi di lavoro, con un numero, purtroppo, sempre crescente di vite spezzate tragicamente. Non possiamo più permetterlo, la  vita umana è preziosa e il lavoro è dignità e non un lenzuolo bianco intriso di sangue e lacrime. Ringrazio il presidente del consiglio regionale, Salvatore Micone per questa missione istituzionale, perché viverla in prima persona, mi ha fatto riflettere su quanto sia ancora oggi indispensabile un'attenta legislazione in materia di tutela del lavoro e dei lavoratori".

 

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