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Il record del Molise: 1.965 amministratori comunali, uno ogni 160 abitanti

La proposta dell'associazione Il Glicine per risparmiare quasi due milioni di euro

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Il record del Molise: 1.965 amministratori comunali, uno ogni 160 abitanti. La soluzione proposta dall'associazione Il Glicine: 33 comuni con più di 5000 abitanti ed un risparmio di quasi 2 milioni di euro all’anno. "I presidenti di province non dicano solo no, facciano proposte alternative", dichiara il presidente Luciano Scarpitti. In una nota girata ala nostra redazione si legge: "Leggo e sento solamente critiche rivolte al Governo per la volontà di accorpare i piccoli comuni e ridurre così i costi della politica; queste critiche fanno presa soltanto su coloro che hanno una scarsa conoscenza della realtà, soprattutto quella della nostra regione. Vediamo i dati: il Molise con 136 comuni e meno di 320 mila abitanti ha la più bassa media di abitanti per comune: 2.358, suddivisa in 2.750 nella provincia di Campobasso e addirittura 1.704 nella provincia di Isernia. Questo valore è addirittura più basso di quello della provincia di Aosta, 1.728, che nel suo territorio ha le Alpi. Inoltre per amministrare questi 136 comuni ha un “esercito” di 1.965 amministratori, cioè i “politici comunali”. Insomma, un “politico comunale” ogni 160 abitanti, credo che sia un record mondiale. Una delle critiche che vengono mosse al governo riguarda il risparmio che si avrebbe con il provvedimento sui comuni, giudicato pressoché nullo; probabilmente questo è in parte vero, ma solo perché la decisione del governo è troppo “timida”, nel senso che non affronta con decisione il problema e riguarda soltanto i comuni di popolazione inferiore a 1000 abitanti. Se invece stabilisse che non devono essere conservati comuni di popolazione inferiore a 5000 abitanti, allora sì che il risparmio sarebbe forte ed incisivo sulla spesa attuale. Facciamo un esempio. Uno studio della nostra Associazione “Il Glicine”, in via di completamento, ha scoperto che se i comuni molisani venissero accorpati in modo da formare comuni di popolazione non inferiore a 5.000 abitanti il numero dei comuni si ridurrebbe a 33 con i relativi sindaci e vicesindaci, con 30 presidenti di consiglio, 108 assessori e 452 consiglieri. Insomma i “politici comunali” da 1.965 scenderebbero a 656 e si avrebbe un risparmio di quasi 1 milione e 900 mila euro all’anno, pur senza modificare il metodo di attribuzione del numero degli amministratori e mantenendo lo stesso sistema di indennità per i sindaci, gli assessori e i presidenti e di gettoni di presenza per gli altri consiglieri. Allora perché è così forte l’opposizione al provvedimento governativo? Io me lo spiego in un solo modo: ogni comune rappresenta una sede di partito, a seconda del colore dell’amministrazione, ed una rete tanto capillare di sedi consente da un lato di controllare strettamente l’elettorato e dall’altro di scegliere le candidature per le amministrazioni di livello superiore. È estremamente semplice, infatti, candidare un sindaco, che abbia saputo “gestire” il suo elettorato, alle elezioni provinciali o regionali ed avere assicurato un “pacchetto di voti” che servirà per eleggere in larga parte le persone preventivamente “stabilite”, con pochissime sorprese. L’altra critica che si muove parte dalla paura che si vuole infondere nei cittadini di perdere l’identità storica del territorio. Non c’è nulla di più falso ed io ne traggo un’esperienza diretta dalla realtà di Castiglione di Carovilli. Questo che un tempo era comune autonomo e da molti anni è una frazione di Carovilli conserva intatte le sue caratteristiche: ha la sua parrocchia, il suo Santo Patrono, ha il suo seggio elettorale, elegge i suoi rappresentanti, fa le sue feste annuali, fa ogni anno la sua fiera, il suo circolo ACLI ogni anno organizza un convegno di tipo socio-economico, e quando i suoi consiglieri comunali si danno da fare organizzano anche concerti e rappresentazioni teatrali. Insomma Castiglione di Carovilli non ha perso niente della sua storia e delle sue tradizioni, l’unica differenza sta nel numero di consiglieri comunali che sono tre invece di dodici. L’altra cosa che io ritengo assurda è che i presidenti delle province non sappiano fare altro che dire no alla cancellazione delle loro istituzioni. Possibile mai che persone di grande esperienza politica ed amministrativa non sappiano suggerire alternative e correttivi alla situazione esistente? Io un’idea l’avrei: visto che ritengono utilissime le funzioni svolte dalle province e dato che è divenuto indispensabile ottenere dei risparmi, propongano al Presidente del Consiglio di annullare tutte le loro indennità, si accontentino dei soli gettoni di presenza e dei rimborsi spese, quando torneranno tempi migliori si potrà tornare anche alle retribuzioni attuali. Così facendo darebbero chiara dimostrazione di attaccamento all’istituzione e di volontà di servizio disinteressato. Ma forse è chiedere troppo; la maggior parte di coloro che aspirano ad una carriera politica non lo fa per passione e per volontà di contribuire al bene comune. Né si può condividere l’idea veramente balzana di sostituire le province con le unioni dei comuni perché è dimostrato dall’esperienza che queste, come le comunità montane, si trasformano in “parlamentini” litigiosi, inefficienti e spreconi in cui domina il più bieco campanilismo. Infine ritengo che sia arrivato il momento di fare un’attenta analisi degli stipendi dei dirigenti e dei segretari comunali confrontandoli con il panorama retributivo esistente. Spero con questa mia di aver dato un minimo contributo alla migliore conoscenza della situazione istituzionale, amministrativa ed economica della nostra piccola e bellissima Regione e di aver rappresentato con pacatezza e rispetto alcune mie opinioni che propongo al dibattito di questi giorni".
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