Una sentenza choc quella di Ancona su un caso di stupro, che ha fatto tremare le pareti della Corte di Cassazione. Secondo le giudici della Corte d’appello marchigiana (tre donne in questo caso è giusto sottolinearlo perché rende i fatti ancora più gravi), lo stupro su una 22enne peruviana non sarebbe stato credibile perché la vittima era “troppo mascolina” e “Poco avvenente”.
Un discorso che se fatto al bar davanti a un boccale di birra da parte di uomini non istruiti lo si può ascoltare quotidianamente. Ma che se viene ribadito da tre giudici di secondo grado diventa un marchio indelebile nella lotta contro la violenza sulle donne. Soprattutto se queste sono poco avvenenti secondo i canoni di bellezza imperanti in questa società dell’immagine. La Cassazione, menomale, ha deciso che questo procedimento in appello ha dei vizi di legittimità e che quindi va rinviato ad un’altra corte d’appello. Forse solo così la vittima potrà avere giustizia. La stessa ragazza che era registrata, secondo quanto si legge nella sentenza di secondo grado con il nominativo “Il Vikingo” . Nelle motivazioni dell’appello è scritto nero su bianco: “la ragazza neppure piaceva, tanto da averne registrato il numero di cellulare sul proprio telefonino con il nominativo "Vikingo" . Con un rafforzativo contro l’aspetto fisico: "Come la fotografia presente nel fascicolo processuale appare confermare".
In primo grado i due imputati erano stati condannati a 3 e 5 anni di reclusione. Ma l’appello li assolve perché non è possibile violentare una donna mascolina e poco piacevole fisicamente. Motivazioni che di certo scoraggerebbero qualsiasi vittima di stupro non rispondente ai canoni estetici imperanti a presentare qualsiasi tipo di denuncia per violenza. Come se lo stupro non fosse dominio e prevaricazione verso la vittima ma un “atto sessuale che si compie solo se c’è attrazione fisica”. E’ questo il messaggio che fa passare la sentenza di Ancona e che potrebbe rimanere impresso nella cultura italica.
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