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Porto chiuso a Lampedusa. Veneto aperto alla mafia.

Sindaci e imprese in fila dai clan. La lega in lotta con i migrati bambini.

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Al grido di “prima gli italiani”, Salvini si allea con gli ungheresi che urlano “prima gli ungheresi” e con i polacchi che urlano “prima i polacchi” e corre alla corte di Trump che urla, allo stesso modo, “American first”. Cosa si possa ricavare da tale minestrone di alleanze è in mente dei. Di certo, gli italiani non saranno sicuramente primi.
Al grido di “Prima gli Italiani” non ci si limita al sacrosanto dovere di provvedere agli italiani che soffrono di povertà e malattia ma ci si fa forti con i più deboli, chiudendo le frontiere a poveri disgraziati che hanno  la sola colpa di non voler morire e strumentalizzando la loro vita in nome di una presunta sicurezza nazionale; viceversa, non si chiudono le frontiere ai contrabbandieri, agli organismi finanziari internazionali che vengono da noi a razziare i nostri risparmi, alle compagnie che, tramite strane applicazioni, in nome di una concorrenza bestiale, schiavizzano alcuni lavoratori e rendono complicato il lavoro di tanti altri.
E, soprattutto, non si chiudono le porte alla mafia. E' di questi giorni la notizia che dalla provincia di Verona e di Vicenza a quella di Venezia corre l’assalto delle cosche al Veneto governato dalla Lega. I boss navigano con il vento in poppa. Dalla camorra dei casalesi alla ‘ndrangheta, il Veneto non è più solo terra di riciclaggio, ma vero mandamento mafioso. La società civile e le istituzioni fanno patti con i boss. Le ultime indagini della procura antimafia di Venezia mettono sul tavolo le prove di un assedio mai visto prima a queste latitudini. Da anni a Eraclea, comune della città metropolitana di Venezia,  comanda Luciano Donadio. Secondo l’accusa, è il referente dei casalesi nel nord-est. Intercettato spiega: “Noi casalesi abbiamo cominciato a comandare dappertutto qua. Ci ho messo cinque mesi per fare il dominio assoluto”. Attorno a lui una holding criminale che si occupa di ogni cosa: dalle estorsioni ai sequestri di persona, dai voti dati ai politici ai rapporti con poliziotti ed ex carabinieri. Da lui va chiunque, anche i parenti di Totò Riina e gli ex della mala del Brenta. Scrive la Procura: “Vi sono debitori che sono stati percossi, minacciati, sequestrati; molti poi sono stati privati dei loro beni, senza che abbiano avuto la forza di presentare denuncia o vincere quello stato di assoggettamento ingenerato dal sodalizio mafioso”. Di più: “Molti imprenditori (…) turbati dalla potenza criminale del sodalizio hanno cercato di ottenerne l’amicizia per ricorrere, in futuro, ai suoi servizi”. L’infiltrazione è “così profonda da generare un effetto intimidatorio diffuso di cui sono rimasti vittima persino le autorità locali”.

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