Fucilate in piena notte per contenere il numero di cinghiali e limitare così i danni alle colture agricole.
E’ la proposta, per certi versi singolare, lanciata dalla Coldiretti Molise. Nei giorni scorsi il prefetto di Campobasso, Stefano Trotta, ha annunciato la convocazione di un tavolo tecnico per l’esame della problematica relativa all’eccessiva presenza di cinghiali sul territorio. La popolazione di ungulati rappresenta un problema per i danni che gli animali provocano all’agricoltura. E’ noto. Da tempo gli operatori del settore chiedono, inutilmente, interventi dalla Regione. Ora sembra che la Provincia di Campobasso si stia muovendo, ma su iniziativa del prefetto, non dell’organo politico. Nella zona dell’Isernino la situazione non è molto diversa: i cinghiali danneggiano l’agricoltura, ma al momento non risultano iniziative prese dalla Provincia, troppo intenta a difendersi dall’annunciata e poi smentita soppressione.
La Coldiretti invoca «misure straordinarie, non più procrastinabili, considerata anche la scarsa efficacia delle numerose squadre organizzate di cacciatori miranti al controllo della specie».
Insomma, i cacciatori non bastano a limitare la presenza dei cinghiali, anche perché la caccia è aperta solo per quattro mesi all’anno. Coldiretti, allora, vorrebbe armare tutti gli agricoltori, in modo che ciascuno, con tanto di fucile, possa difendere le proprie colture. Il presidente regionale della Coldiretti, Amodio De Angelis, ha infatti dichiarato: «Chiediamo che l’amministrazione provinciale adotti una delibera per il contenimento del numero dei cinghiali che autorizzi i proprietari o conduttori dei fondi agricoli ad esercitare l’autodifesa e la salvaguardia delle colture».
Sarebbe interessante capire come, visto che i cinghiali si muovono e mangiano soprattutto di notte, quando cioè l’uso di armi da fuoco è vietato dalla legge. L’attività venatoria praticata dopo il tramonto del sole si configura come reato: bracconaggio.
Coldiretti vorrebbe una deroga per gli agricoltori. Si avrebbe così questo assurdo: il cacciatore che spara ad un cinghiale di notte è un bracconiere, perseguibile per legge; invece l’agricoltore che usa armi da fuoco contro la fauna selvatica, sempre di notte, non è punibile perché difende il proprio raccolto.
C’è evidentemente qualcosa che non va nella proposta di Coldiretti.
In altre regioni d’Italia, dove l’attività venatoria è considerata un’arte e si tende ad una gestione conservativa della fauna selvatica, si affronta il problema dei danni alle colture con metodi diversi dalle fucilate notturne invocate da Coldiretti.
Utilizzo dei dissuasori acustici o dei repellenti olfattivi composti con estratti biologici di urina dei grossi predatori carnivori; colture a perdere finanziate dalla Regione o dalla Provincia; recinzioni elettrificate; campagne di abbattimenti mirati, supportate da studi scientifici, utilizzando i selecontrollori. Questi sono gli strumenti utilizzati nelle regioni civili per contenere i cinghiali. In Molise, invece, si invoca brutalmente il ricorso alle fucilate notturne. E questo non stupisce affatto.