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La Corte respinge il ricorso per equiparare i trattamenti tra pubblico e privato

Legittimo per la Corte pagare differiti nel tempo e a rate il tfr/tfs agli statali

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Accogliendo un ricorso di Lia Capilli  dipendente del Ministero della Giustizia andata in pensione nel 2016 e ancora in attesa dei suoi trattamenti di fine lavoro, diversamente da quel che avviene per i dipendenti del settore privato, il Tribunale di Roma aveva coinvolto La Corte Costituzione ipotizzando, appunto, l’incostituzionalità di norme che differenziano i trattamenti di fine rapporto di lavoro tra dipendenti privati e dipendenti pubblici. (vedere https://www.notizienazionali.it/notizie/attualita/21786/tfr-tfs---prevista-grandine-sui-conti-dello-stato)

Ebbene, La Corte, riunitasi oggi in camera di consiglio per discutere le questioni sollevate dal Tribunale di Roma, fa sapere che al termine della discussione le questioni sono state dichiarate infondate ma con esclusivo riferimento al caso di una lavoratrice in pensione per ragioni diverse dal raggiungimento dei limiti massimi di età o di servizio. Questo significa che il ricorso è stato rigettato, lasciando uno spiraglio solo per i dipendenti che lasciano il servizio per raggiungimento dei limiti massimi di età. 

Lo Stato rischiava di dover sborsare in tempi brevissimi 16 mdi di euro.

la Corte ha, quindi, ritenuto «non irragionevole il regime restrittivo introdotto dal legislatore, che prevede la liquidazione delle indennità nel termine di 24 mesi e il pagamento in rate annuali». Restano quindi «impregiudicate le questioni sul pagamento delle indennità nel termine di 12 mesi, e sulle relative rateizzazioni, per i pensionati che hanno raggiunto i limiti massimi di età o di servizio».

Durissime le reazioni di chi sta aspettando da anni di avere dallo Stato parte del suo salario accantonato proprio per la liquidazione.

 

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