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«Una donna inglese ha tolto la maglia e l'ha data al nostro piccolo Andrea»

Il racconto di Roberto Biancosino di Castelguidone, uscito vivo con la famiglia dalla nave Concordia

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Una ‘benedetta’ stanchezza sta segnando i giorni alla famiglia Biancosino, sopravvissuta al naufragio della nave da crociera Costa Concordia, affondata nella notte tra il 13 e il 14 gennaio scorsi a largo dell’isola del Giglio (Grosseto). Roberto, Ilaria, il piccolo Andrea e il piccolissimo Matteo sono tornati ieri a Francavilla (Chieti), dopo la nottata da incubo vissuta nel caos tra una nave che affonda nel gelido mare di gennaio, una scialuppa stracolma di persone che si rovescia e un’isola dove sentirsi davvero salvi. “Rivedo la nave inclinata - racconta Roberto Biancosino ad AbruzzoWeb - e ancora mi chiedo come abbia fatto la scialuppa di salvataggio a non rovesciarsi completamente. Io, mia moglie e i bambini siamo molto stanchi, ma vivi. Questo è l’importante”. “Nessuno ci ha contattati - spiega, mentre sua moglie Ilaria cerca di far dormire i piccoli - credo che per adesso ogni sforzo sia giustamente destinato all’emergenza, ma ho già parlato con mio fratello che fa l’avvocato. Sento che si inizia a parlare di risarcimenti, in ogni caso vedremo il da farsi. Possiamo chiedere danni fisici e morali, oltre a quelli per una vacanza mai iniziata”. Intanto, sul cellulare di sua moglie dalla notte della tragedia continuano ad arrivare chiamate da un numero di fax. “Forse qualcuno sta cercando di mettersi in contatto con noi per comunicazioni - dice - è il numero che abbiamo lasciato quando ci siamo registrati per la vacanza. Anche oggi il telefonino è squillato diverse volte, ma quando rispondiamo si sente il rumore di un fax. Vorremmo capire se si tratta di qualcosa legato a questa vicenda”. Biancosino coglie anche l’occasione per lanciare un appello a una turista inglese che si trovava a bordo della nave in quelle ore drammatiche. “Io e la mia famiglia vogliamo rintracciare questa donna inglese che ha avuto la forza di togliersi la maglia per darla al piccolo Andrea, che stava morendo dal freddo, quando ancora eravamo all’interno della nave. Sono gesti che restano scolpiti nella memoria. Non sappiamo dove si trovi adesso, né in che condizioni sia”. Dal disastro in cui sono morte 6 persone, purtroppo il bilancio è ancora provvisorio, sono passati solo due giorni. I ricordi, quindi, hanno ancora la nitidezza figlia del grande spavento che ha colpito soprattutto Andrea, visto che Matteo ha appena 14 mesi. "Siamo tornati a Francavilla - dice Roberto - dove io e mia moglie abbiamo un albergo, ieri pomeriggio. Ci fanno male le gambe e le braccia, ma niente di particolarmente difficile da sopportare. Abbiamo avuto po' di paura per Andrea, questo sì. Quando è cominciato tutto ci trovavamo nella parte laterale del ristorante e abbiamo capito subito che non si trattava di un guasto elettrico, come ci dicevano dalla cabina di comando. La tensione ha iniziato a montare, dopo poco la situazione era chiarissima. Ci siamo 'rifugiati' in un corridoio stretto, perché lì non poteva caderci nulla addosso. Poi, una volta usciti dal ristorante, ne abbiamo viste di tutti i colori". "Sto cercando di farmi un'idea più precisa dell'accaduto - continua nel suo racconto - pensando, ad esempio, al pitola automatico. Mi sembra assurdo che una nave così possa finire sugli scogli in quel modo". Dopo essere riusciti a mantenere la calma nel caos generale a bordo, in mezzo al fuggi fuggi generale, a svenimenti, persone in preda al panico, disabili e bambini in cerca di aiuto, la famiglia Biancosino dopo un'ora e mezza è riuscita a salire su una scialuppa di salvataggio, insieme a un paio di centinaia di altri turisti. "Pensavamo di essere in salvo quando siamo saliti sulla scialuppa - racconta - ma poi si è quasi rovesciata probabilmente per il peso eccessivo, viste le tante persone a bordo. Se non siamo morti è merito dell'equipaggio, tra cui c'erano un cuoco e un cameriere. Ho capito che il peggio era passato quando siamo arrivati sull'isola del Giglio, dove l'accoglienza è stata incredibile. Ho rivissuto l'esperienza del terremoto dell'Aquila, ma dalla parte di chi ha bisogno di aiuto. C'è stata tanta solidarietà, come dopo la notte del 6 aprile del 2009". Anche se non è stato semplice neanche al riparo, lontani da quella nave che piano piano si inabissava. "Nella scuola dove ci hanno ospitato cercavamo le coperte e qualcosa da mangiare per i bambini. Io e altri genitori siamo usciti sull'isola per cercare qualcosa, sono passato anche in farmacia per trovare qualche omogeneizzato per Andrea, ma non si trovava niente. D'altra parte, il Giglio è un'isola di 700 abitanti. Hanno davvero dato tutto quello che avevano. Andava data maggiore attenzione ai più piccoli sulla nave e in generale dopo la tragedia, questo sì. Non si è trovato un omogeneizzato neanche al ritorno a Civitavecchia".
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