Nel lontano 1945 il Consiglio dei ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe finalmente il voto femminile: oggi ricorre l'anniversario del suffragio universale col decreto legislativo “Estensione alle donne del diritto di voto”, nel medesimo anno il diritto di voto alle donne venne riconosciuto in extremis nell'ultimo giorno utile per la composizione delle liste elettorali alla fine del gennaio 1945. Non fu una benevola concessione ma il doveroso riconoscimento del contributo determinante che le donne avevano dato alla liberazione del Paese, il suffragio femminile fu il punto d’arrivo di un percorso lungo e tortuoso che iniziò ai tempi dello Statuto Albertino che all’articolo 24 recitava: “Tutti i regnicoli, qualunque sia il loro titolo o grado, sono eguali dinanzi alla legge”.
La prima di una lunga serie di petizioni per il voto politico alle donne fu presentata nel 1877 da Anna Maria Mozzoni, senza però avere successo in quanto la proposta fu bocciata; nel maggio del 1912, durante la discussione della riforma elettorale che avrebbe esteso il voto anche agli analfabeti maschi, i deputati Giuseppe Mirabelli, Claudio Treves, Filippo Turati e Sidney Sonnino proposero un emendamento per concedere il voto anche alle donne, ma Giolitti si oppose strenuamente definendolo un salto nel buio: la questione quindi fu nuovamente accantonata.
Dopo la parentesi fascista le prime elezioni politiche in Italia ebbero luogo nel giugno del 1946 quando la popolazione votò a favore del referendum istituzionale monarchia-repubblica e per eleggere l’Assemblea Costituente; già qualche mese prima alcune donne erano andate alle urne per le amministrative comunali e in quell’occasione furono elette le prime donne sindaco della nostra storia. L'avvento in politica dell'universo femminile fu definito “una grande vittoria per la democrazia e un maggiore spirito di concretezza che grazie alle donne entrerà a far parte della vita amministrativa".