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La libertà di Sallusti è la nostra libertà

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UNA SENTENZA vergognosa, quella che condanna al carcere il giornalista Sallusti, che ben si addice alla povera e sgangherata repubblica che è diventata l'Italia.

Riportiamo, di seguito, l'intervento dei giornalisti de Il Giornale, che condividiamo parola per parola.

 

Vergogna. Vergogna. Ver­gogna. Soltanto nei regi­mi totalitari della Corea del Nord o della Repub­bl­ica islamica iraniana un diretto­re perché, come ha detto, «da uomo non libero non potrei più fare un Giornale libero». E così una legge liberticida ap­plicata di giornale può finire in carcere per aver scritto un articolo. Ma da ieri questa aberrazione giuridica è una realtà anche in Italia.

La sentenza della Corte di Cas­sazione che, applicando una leg­ge fascista, ha confermato la con­danna al carcere per il nostro di­rettore Alessandro Sallusti è scan­dalosa e indegna di un Paese civi­le. Non soltanto sono stati ignora­ti gli appelli per una volta unani­mi che si sono levati dal Paese a partire dalle maggiori cariche isti­tuzionali, ma nella sua assurda du­re­zza la Corte non ha accolto nep­pure le richieste del sostituto pro­curatore generale della Cassazio­ne, il quale aveva chiesto l’annul­lamento con rinvio della condan­na per rivalutare la possibilità di concedere a Sallusti le attenuanti negate dal giudice di secondo gra­do.

Noi giornalisti del Giornale ci sentiamo condannati come il no­stro direttore. E ci stringiamo a lui prendendo atto con rammarico delle sue dimissioni, rassegnate con integralismo taleba­no col­pisce il direttore del Giorna­le per un articolo non scritto da lui e pubblicato sul quotidiano Libe­ro . Il giudice di primo grado l’ave­va condannato a una pena pecu­niaria trasformata in appello, con una severità spropositata, in 14 mesi di reclusione senza atte­nuanti perché il nostro direttore è stato considerato «socialmente pericoloso». Volevano che fosse privato della libertà, e così è stato, come nelle tirannie che credeva­mo esistessero soltanto nei libri di storia o in un’altra parte del mondo.

Con la Federazione nazionale della stampa, la redazione del Giornale constata allibita che que­sta sentenza è sconvolgente, scon­figge e mortifica la libertà di espressione e priva ingiustamen­te un uomo della sua libertà perso­nale per delle norme aberranti e indegne di un Paese democrati­co.

Prendiamo atto delle tante atte­stazioni di solidarietà ricevute in queste ore. Al mondo politico, tut­tavia, all’Italia la maglia nera per la libertà di stampa tra i Paesi demo­cratici. Nemmeno la detenzione nel 2004 di Lino Jannuzzi, giorna­lista e senatore, ha smosso l’iner­zia dei suoi colleghi parlamenta­ri. La condanna di Sallusti deve spingere ora la classe politica a muoversi in fretta. Governo e Par­lamento devono cancellare in tempi rapidi il carcere per i reati di opinione, secondo quanto ha san­cito anche la giustizia europea, e riscrivere daccapo le norme sul rapporto tra libertà di stampa e tu­tela di chi si reputa diffamato.

Non è comprensibile né accetta­bile che nel nostro Paese ci siano delinquenti a piede libero e che in carcere finisca chi commette un reato di opinione. Non è compren­sibile né accettabile che la magi­stratura influenzi non solo il cor­so della politica ma anche quello della stampa. Anche noi giornali­sti, come il nostro direttore, non ci presteremo al gioco della giusti­zia politicizzata e saremo al suo fianco con i nostri lettori. Noi sia­mo tutti Sallusti.

I giornalisti del Giornale

 

E di seguito l'intervento di Enzo Iacopino, presidente del Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti.

“Un’intimidazione a mezzo sentenza, un’intimidazione a tutti i giornalisti”, è il commento di Enzo Iacopino, presidente del Consiglio nazionale dell’Odg, alla decisione della Corte di Cassazione di confermare la condanna a 14 mesi di carcere ad Alessandro Sallusti.

“Le norme sosterranno pure la decisione, ma la conseguenza è devastante per la libertà di stampa. Ogni organo di informazione vivrà questa decisione come una intimidazione. E il costo maggiore lo pagheranno i cittadini che avranno una informazione ancora meno libera. Mai avremmo immaginato di vedere che in Italia, Paese che continua a vantarsi di essere la culla del diritto, si va in galera per una opinione che l’interessato nega perfino di aver espresso. E resta quella domanda: come è possibile che per lo stesso reato si passi da 5.000 euro di multa a 14 mesi carcere in due gradi di giudizio?
La Corte costituzionale ha scritto che la libertà di informazione è “la pietra angolare” del nostro sistema democratico. Da oggi si sentono preoccupanti scricchiolii”.

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