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Manovra, Iva azzerata per pane, pasta e latte. I consumatori: "Bluff da 22 euro all'anno"

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Tagliare l'Iva a zero su beni alimentari quale pane, pasta e latte è una delle ipotesi che è stata trattata venerdì al vertice tra governo e maggioranza sulla Manovra per il 2023. Al fianco del menu che prevede di andare avanti con il taglio al cuneo fiscale, misura che per il ministro Giancarlo Giorgetti "non è attualmente finanziata per il 2023" ma c'è la "volontà del governo" non solo di "finanziarla e quindi rinnovarla per il prossimo anno, ma anche aumentarla per i redditi più bassi dei lavoratori". E quindi, dal 2% introdotto dal governo Draghi si valuterebbe di salire al 3%.

"Per quanto riguarda altre misure di cui si parla oggi sui quotidiani - aggiunge il ministro - si precisa che si tratta di mere ipotesi presentate nel corso della riunione che sono in corso di valutazione politica". Proprio il disegno di tagliare l'Iva su alcuni consumi comuni avrebbe dalla sua parte un costo tutto sommato contenuto: mezzo miliardo, è la stima che si fa al governo, per l'applicazione in un solo anno con l'azzeramento su alcuni beni alimentari.

 

L'ipotesi è, certamente, di grande impatto, specialmente vista l'inflazione che veleggia ampiamente a doppia cifra (+11,8% l'ultimo dato, di ottobre). Non trova però una calda accoglienza da parte delle associazioni dei consumatori.


 

 

Tagliare l'Iva a zero su beni alimentari quale pane, pasta e latte è una delle ipotesi che è stata trattata venerdì al vertice tra governo e maggioranza sulla Manovra per il 2023. Al fianco del menu che prevede di andare avanti con il taglio al cuneo fiscale, misura che per il ministro Giancarlo Giorgetti "non è attualmente finanziata per il 2023" ma c'è la "volontà del governo" non solo di "finanziarla e quindi rinnovarla per il prossimo anno, ma anche aumentarla per i redditi più bassi dei lavoratori". E quindi, dal 2% introdotto dal governo Draghi si valuterebbe di salire al 3%.

 

"Per quanto riguarda altre misure di cui si parla oggi sui quotidiani - aggiunge il ministro - si precisa che si tratta di mere ipotesi presentate nel corso della riunione che sono in corso di valutazione politica". Proprio il disegno di tagliare l'Iva su alcuni consumi comuni avrebbe dalla sua parte un costo tutto sommato contenuto: mezzo miliardo, è la stima che si fa al governo, per l'applicazione in un solo anno con l'azzeramento su alcuni beni alimentari.

 

L'ipotesi è, certamente, di grande impatto, specialmente vista l'inflazione che veleggia ampiamente a doppia cifra (+11,8% l'ultimo dato, di ottobre). Non trova però una calda accoglienza da parte delle associazioni dei consumatori.

 

La stima dei risparmi: "Mancetta"

Il problema è che cambierebbe molto poco per i bilanci familiari. L'Unione nazionale dei consumatori prende a riferimento la spesa media delle famiglie per le tipologie di prodotti che sarebbero interessati allo sconto dell'Iva. Secondo i dati Istat, per riempire il carrello di questi beni i nuclei spengono ogni anno 261,72 euro per il pane, 142,08 per il latte, tra fresco e conservato, 140,40 per la pasta (pasta secca, fresca, con anche inglobati i preparati di pasta come i ravioli e i tortellini). Massimiliano Dona conclude che "il finto risparmio teorico sarebbe pari ad appena 10 euro e 7 cent per il pane, 5 euro e 40 cent per la pasta, 6 euro e 9 cent per il latte, per un totale di 21 euro e 56 cent in un anno". Il Codacons parla di "una misura mediatica che non produce reali vantaggi per i consumatori". E Assoutenti lamenta "un bluff del Governo, un provvedimento spot che non produrrà reali vantaggi economici per le famiglie, mentre la tassa sulle consegne a domicilio sarà senza dubbio scaricata sui consumatori attraverso un rialzo dei costi del servizio".

Beneficio a pioggia e che rischia di restare ai commercianti

Per altro, ragiona il direttore dell'Ufficio studi dell'Unc, Mauro Antonelli, si tratterebbe di incentivi che cadrebbero a pioggia, anche sulle famiglie più abbienti che probabilmente non hanno bisogno di questo aiuto. E c'è un ulteriore problema nel far arrivare questi denari direttamente alle famiglie. Per la spesa di queste ultime fa infatti fede il prezzo finale alla cassa. Il rischio, rileva l'Unc, è che questa "cifra irrisoria" vada "nelle tasche dei consumatori solo nella fantasiosa ipotesi che i commercianti trasferissero matematicamente il taglio dell'Iva sul prezzo finale e non lo incassassero invece loro. Insomma, nella realtà sarebbe solo una mancetta a beneficio dei panettieri, visto che mai più ridurrebbero il prezzo per un ritocco matematico di appena lo 3,846%", ovvero il prezzo finito (Iva inclusa) al netto della stessa imposta sul consumo, che si calcola su una parte del prezzo finito al consumatore. "Ecco perché sarebbe decisamente meglio tagliare l'Iva sul gas e sulla luce, che invece sarebbe applicato sicuramente dai fornitori di energia, costretti a farlo per legge", aggiunge Dona.

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