Un po’ Disneyland, un po’ Mille e una notte, con un retrogusto ottocentesco alla Dickens. Le mille luci di Doha sono abbaglianti come quelle di un Luna Park e sono pronte a illuminare il ventiduesimo Mondiale, qualcosa di mai visto nella storia del calcio, con otto stadi e trentadue centri di allenamento distribuiti nell’arco di settanta chilometri. Alle 17 italiane, le 19 locali, si inizia con Qatar-Ecuador nell’impianto più lontano, con la copertura a forma di tenda del deserto, un’opera spettacolare portata a termine da un’azienda di Pordenone. Made in Italy saranno anche la cerimonia di apertura, affidata a Marco Balich e l’arbitraggio di Daniele Orsato. Quasi un omaggio al nostro calcio, disperso nel buco nero della doppia eliminazione consecutiva.
I record
La Coppa si gioca per la prima volta in un Paese arabo e per la prima volta tra novembre e dicembre: è autunno solo nell’emisfero nord, ma i calendari sono stati rivoluzionati in nome della Coppa che ha già battuto tutti i record di spesa e li terrà forse per sempre: 210 miliardi (almeno), ovvero più di venti volte quello che ha investito la Russia di Putin quattro anni fa per un mese di calcio, che non è mai solo calcio: per il Qatar è una vetrina inestimabile ma anche una sorta di capriccio per stabilire la primazia tra i Paesi vicini.
L’opulenza di Doha ha il suo fascino, la zona del Suk è animata da marocchini e tunisini qui per le loro squadre, anche se la maggior parte dei tifosi deve ancora arrivare e prevalgono quelli delle comunità locali «camuffati» con le maglie delle Nazionali partecipanti.Non sarà come in Brasile, dove nel 2014 la partecipazione collettiva era pressoché totale, ma i popoli arabi amano tantissimo il calcio e da almeno una decina di anni sono ampiamente corrisposti, come dimostrano le proprietà di Psg e City, che hanno stravolto il mercato europeo coi loro soldi a fondo perduto.