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'Il presepe spopolato', la rappresentazione che dà voce all'Italia disperata

L'appuntamento domani ad Agnone con la 53^ edizione della Natività. Intervista a Giorgio Marcovecchio

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AGNONE. Il presepe vivente è una delle tradizioni più comuni in Italia dove, per l’appunto, abbondano rappresentazioni che, in genere, animate da attori locali recitano la nascita (a partire dall’avvento) di Gesù.
Ad Agnone da 53 anni la situazione è diversa poiché l’allora Gioventù Francescana, ora Cenacolo culturale Francescano, capitanata da padre Aldo Parente decise di mettere in atto il Presepe Spopolato.

Qual è la differenza?

“Il presepe spopolato” ci spiega Giorgio Marcovecchio “è un presepe che unisce la nascita del Bambinello a fatti di cronaca astringente; li contestualizza. In genere il primo atto è, infatti, un’istantanea dell’Italia e il secondo passa alla vera e propria storia Cristiana. È, per così dire, un presepe impegnato civilmente. Ciò che rende ancora più sentito il presepe agnonese è il fatto che ogni anno scegliamo un bambinello che proviene da una storia particolare. Abbiamo avuto tra di noi la bambina nata durante l’alluvione di Alessandria, per esempio; anche questo a testimonianza del fatto che è un Presepio che si distingue dalla semplice rappresentazione iconografica comune.”

Per quanto riguarda questa 53esima edizione, quindi, quale sarà il tema?

“La rappresentazione che andrà in scena domani, presso la villetta comunale ai piedi dell’ospedale e dello stadio, ha una storia molto intensa. Tempo fa mi fu inoltrato, da Mimmo Lanciano, un documento scritto da Don Mimmo Battaglia, membro dell’associazione Calabrese per la solidarietà. In questo testo Battaglia spiegava di quanto sentisse la necessità di portare sul palcoscenico le persone con le quali ha a che fare tutti i giorni: tossicodipendenti, prostitute, madri senza lavoro, ricercatori costretti ad abbandonare gli affetti in cerca di fortuna, carcerati accusati di omicidio che hanno commesso l’atroce delitto per difendere un familiare da abusi cruenti ecc. Don Mimmo si preoccupava, quindi, di mettere in mostra emarginati che hanno un doloroso background quindi ho ben pensato di scrivere lo spettacolo basandomi proprio sul testo di Battaglia.”
Un presepe che fotografa l’Italia disperata e dà voce alle categorie dal passato poco felice, persone che hanno commesso gesti perché spinti da problemi più grandi di loro. Un presepe che ci invita anche ad accogliere a braccia aperte persone che molto spesso allontaniamo per paura (di cosa?).

Ci spieghi, perciò, qual è il messaggio sociale?

 “Il messaggio è molto semplice: ognuno di noi nel proprio stare bene dovrebbe alzare lo sguardo, rendere grazie e rinunciare all’egoismo ed aiutare il prossimo. È in questo contesto che nello spettacolo si inseriscono gli angeli senza ali: persone che quotidianamente si prodigano per aiutare il prossimo; si pensi ai dottori, agli educatori delle comunità difficili, si pensi ai volontari ecc.”

Il mondo è pieno di esempi di vittime e di angeli senza ali (per riutilizzare le parole di Marcovecchio); in un periodo dell’anno come questo, che sia Cristiano o no, sarebbe bene ricordare tutto ciò, guardarsi intorno e fare del  proprio meglio.

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