Capracotta (IS) – "Siamo di fronte a una crisi sanitaria senza precedenti, che sta colpendo duramente non solo il Molise, ma tutta l'Italia. Il diritto alla salute, sancito dalla nostra Costituzione, è in pericolo. Ogni giorno, cittadini e famiglie si trovano a dover fare i conti con una sanità pubblica sempre più debole e lontana dai bisogni reali della popolazione." Con queste parole, il sindaco di Capracotta, Candido Paglione, esprime la sua preoccupazione per l'attuale stato della sanità in regione e nel Paese.
Da anni, infatti, l'Italia assiste a un progressivo smantellamento del Sistema Sanitario Nazionale (SSN), che ha garantito a milioni di cittadini l'accesso universale alle cure. Una tendenza preoccupante che, secondo il primo cittadino di Capracotta, sta facendo perdere ai cittadini quel diritto fondamentale alla salute che dovrebbe essere inalienabile per tutti, a prescindere dal reddito o dalla zona di residenza.
Un Paese per pochi
Il servizio sanitario pubblico italiano, che ha compiuto 45 anni di storia, è oggi in grave difficoltà . Nonostante le promesse politiche, il settore continua a essere sottofinanziato, con un continuo ricorso alla sanità privata che rischia di creare una divisione sempre più marcata tra chi può permettersi cure adeguate e chi, invece, è costretto a rinunciare a tutto. "Il diritto alla salute sta diventando un privilegio di pochi, mentre la maggior parte della popolazione si vede sempre più esclusa da un sistema sanitario che, se non adeguatamente sostenuto, finisce per escludere proprio chi ne avrebbe più bisogno", afferma Paglione.
La legge di bilancio in discussione non sembra dare risposte adeguate, anzi, le spese per la sanità continuano a diminuire, mentre aumentano quelle per le spese militari. Questo, secondo il sindaco di Capracotta, è un segnale inequivocabile di come la politica stia puntando su priorità completamente diverse da quelle della salute pubblica, ignorando le reali necessità dei cittadini.
Il Molise in sofferenza
La situazione nel Molise è ancora più grave. Paglione sottolinea come la regione stia subendo una vera e propria "distruzione" della sanità pubblica. "Il debito sanitario, che ormai supera i 500 milioni di euro, viene utilizzato come una scusa per giustificare il progressivo smantellamento dei servizi essenziali. La Asrem (Azienda sanitaria regionale del Molise) ha addirittura 'alzato bandiera bianca', invitando i cittadini a cercare cure fuori regione per malattie complesse come quelle ortopediche", denuncia il sindaco.
Le difficoltà non si limitano solo ai grandi ospedali, ma riguardano anche i servizi di prevenzione e l'assistenza territoriale. Con la scomparsa della sanità di prossimità , i cittadini sono lasciati senza un punto di riferimento, costretti a spostarsi per qualsiasi tipo di visita o cura. "Non solo vengono meno le risorse, ma anche la capacità di rispondere alle esigenze dei territori, in particolare nei piccoli comuni come il nostro", spiega Paglione.
Un appello alla reazione
Il sindaco di Capracotta non ha dubbi: è ora di reagire prima che la situazione diventi irreversibile. "Se non ci impegniamo a difendere la sanità pubblica e a garantire a tutti i cittadini l'accesso a cure adeguate, rischiamo di veder sparire uno dei più grandi conquisti sociali del nostro Paese. La crisi sanitaria sta diventando una crisi sociale strutturale che lascerà milioni di italiani senza risposte", avverte Paglione.
In un periodo in cui le disuguaglianze sociali sembrano aumentare, il sindaco di Capracotta lancia un appello alla politica regionale e nazionale affinché vengano adottate misure concrete per risanare il sistema sanitario. "Non possiamo permettere che il nostro Paese diventi un Paese per soli ricchi. Il diritto alla salute non può essere messo in discussione. Dobbiamo alzare la voce e impegnarci per una sanità che sia davvero universale e accessibile a tutti", conclude Paglione.
L'auspicio del sindaco è che la cittadinanza e le istituzioni si uniscano per difendere un sistema che, negli anni, ha garantito a tutti i cittadini, anche quelli più vulnerabili, l'accesso alle cure. Se non ora, quando?