Il 27 gennaio, nel Giorno della Memoria, Mario Di Laudo, giovane 22enne di Trivento,

ha voluto rendere omaggio a suo nonno Michele Nicodemo, ricostruendo con una ricerca iniziata nel 2023 i due anni di prigionia che il suo bisnonno trascorse nei campi nazisti. La ricerca, che ha coinvolto numerosi archivi nazionali e internazionali, tra cui lo US Holocaust Memorial Museum di Washington, ha permesso di ricostruire il doloroso percorso del nonno, internato militare non collaborazionista, insignito della Medaglia d’Onore nel 2010.
Il viaggio nel passato di Michele Nicodemo inizia il 9 settembre 1943, quando venne catturato sul fronte albanese, e prosegue con la sua deportazione in Germania. Il 15 ottobre 1943 venne internato nello Stalag XIII D di Norimberga, dove gli venne assegnato il numero di matricola 10069. Solo pochi giorni dopo, il 19 ottobre, fu trasferito nello Stalag XIII B di Weiden, dove gli fu assegnato un nuovo numero di matricola, 1086. Michele vi rimase fino alla sua liberazione il 21 aprile 1945.
Nel corso della prigionia, Michele fu impiegato nel lavoro forzato in un’unità di lavoro (Arbeiterkommando) denominata 13009, come dimostra una lettera di richiesta inviata dal padre Antonio e conservata nell'Archivio Vaticano. Questi Arbeitskommando, formati da prigionieri costretti a lavori massacranti, potevano durare da pochi giorni a molti mesi. Sebbene non sia possibile ricostruire tutti gli spostamenti di Michele durante la prigionia, si sa che dal luglio 1944 all'aprile 1945 fu impiegato nel distretto di Tirschenreuth, sotto il controllo dello Stalag XIII B.
Dopo la liberazione, Michele fece ritorno in Italia il 22 agosto 1945, a quattro mesi dalla sua liberazione. La sua sofferenza, come quella di molti altri prigionieri italiani, non deve essere dimenticata. La ricerca di Mario ha fatto luce su questa dolorosa parte della storia, ma ha anche messo in evidenza quanto sia importante il contributo di tutti coloro che, come il nonno Michele, hanno subito le atrocità della guerra.
La ricerca analitica di Mario Di Laudo, che ha portato alla luce il passato di Michele e dei suoi compaesani, rappresenta un contributo fondamentale per la memoria storica di un’intera comunità. La sua testimonianza e quella di tanti altri prigionieri sono essenziali per sensibilizzare le nuove generazioni sui temi dell'intolleranza, della pace e del rispetto per i diritti umani. Come ci invita a fare Primo Levi, “Meditate che questo è stato,” affinché l’orrore del passato non si ripeta mai più.