AGNONE - Si erano sentiti fortemente diffamati gli amministratori della Comunità Montana Alto Molise dall'ennesimo "aspro" attacco, senza esclusioni di colpi, dell'ex consigliere della stessa Comunità , Albino Iacovone, comparso il 27 maggio 2006 sulle pagine di un quotidiano regionale. Ed avevano adito l'Autorità Giudiziaria perché condannasse quelle "falsità ", preannunciando anche la costituzione di parte civile.
Ben cinque le querele circostanziate, con cui si confutavano le accuse del battagliero consigliere Iacovone, estromesso dalla Comunità Montana e che da sempre ha costituito una vera e propria lancia nel fianco di Borrelli, Mastronardi e compagni che per un periodo più o meno lungo hanno amministrato la Comunità dell'Alto Molise.
Errico Borrelli, geologo di Belmonte del Sannio, sindaco di Belmonte del Sannio dal 21.12.2004 e presidente della Comunità Montana Alto Molise all'epoca dei fatti; l'avvocato Francesco Del Basso di Agnone, vice presidente ed Assessore; l'ingegnere Lino Mastronardi, deus ex machina della Comunità Montana, Direttore-Segretario Dirigente comandato della Provincia di Isernia, Assessore del Comune di Agnone; Alberto Ricci, Consigliere comunale di San Pietro Avellana, che pur essendo imprenditore non aveva disdegnato l'incarico di Assessore ai Lavori pubblici nella stessa Comunità , avevano preso carta e penna e chiedevano la condanna di Iacovone e del quotidiano che lo aveva ospitato, per le frasi ingiuriose, puntualmente riprodotte nella querela.
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi Antonio Guerriero, nel richiedere l'archiviazione al GIP del procedimento a conclusione delle indagini, così si è espresso:
"Iacovone rappresentò il problema della cattiva gestione dell'Ente, con conseguente danno economico all'Erario (cfr. nota della Corte dei Conti) e criticando molto aspramente l'operato della Comunità Montana; invero le frasi scritte dallo Iacovone non appaiono configurare il reato di diffamazione, in quanto pur esternando in considerazioni in toni aspri e duri, esse restano penalmente irrilevanti dovendosi anche considerare che in tema di reati contro l'onore è da ritenere che il linguaggio della polemica politica può assumere toni più pungenti e incisivi rispetto a quelli comunemente adoperati ne rapporti tra privati (Cassazione penale sezione V 09.7.2008, n.38747). Pertanto non può che chiedersi l'archiviazione del procedimento.
Sull'abbrivio di tale richiesta il GIP del Tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi M. Rotondi, in data 24.06.2010, decretava che " il fatto non è previsto dalla legge come reato, perché dall'articolo oggetto di querela, l'indagato ha esercitato correttamente un diritto di critica mantenendosi nei limiti fissati per l'esposizione del proprio pensiero".
FONTE: xxregione.it

