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Crisi editoria, il direttore di isernianews Bartolomeo: "Urge una legge regionale"

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Continua la nostra inchiesta tra i giornalisti precari. Oggi un’altra storia e un ulteriore parere sull’editoria molisana. Pasquale Bartolomeo, ex dipendente de ‘I Fatti del Nuovo Molise’ e attuale direttore responsabile della testata online ‘Isernianews’, racconta la sua vita da giornalista.

Bartolomeo, attualmente lei è un precario. È noto però che il suo curriculum, in una regione normale, non dovrebbe permetterle di essere nelle condizioni in cui si trova. Ci racconti un po’ del suo passato.

“Sono stato uno studente di Scienze Politiche presso l’Università del Molise. Dopo la laurea ho capito come l’informazione fosse il settore più adatto a me. Così, tre mesi dopo aver concluso i miei studi, entro nel quotidiano ‘Nuovo Molise Oggi’ e ci resto per otto mesi. Poi passo a ‘Primo Piano’ dove lavoro fino al dicembre 2007, ottenendo nel mentre il tesserino da giornalista pubblicista. Nel frattempo, a novembre, avevo provato ad accedere alla Scuola superiore di giornalismo della Luiss, a Roma, che valeva l’accesso al praticantato. Tra i 40 studenti ammessi c’ero anche io. Inizia così un eccitante percorso formativo, lungo due anni, con giornalisti affermatisi nell’ambito nazionale come Aldo Cazzullo, Maria Corbi, Filippo Ceccarelli, Giampiero Gramaglia, il compianto Sandro Acciari e, soprattutto, Andrea Pucci, mio relatore per la tesi e in assoluto il mio ‘maestro’.  Faccio anche sei mesi di stage: tre presso l’agenzia di stampa ‘Adnkronos’ e altri tre nella redazione de ‘Il giornale’. Nel 2010 supero l’esame di Stato e mi iscrivo nell’elenco dei giornalisti professionisti. A quel punto mi trovo davanti ad un bivio: scommettere su un contrattino da precario in testata dal nome altisonante che mi aveva offerto il posto o tornare a casa e sfatare il proverbio nemo propheta in patria. Per una serie di ragioni pratiche decisi di ‘sfidare i latini’. Dal 1° settembre del 2010 sono stato caposervizio della redazione isernina dell’allora rinato ‘Il Nuovo Molise’: la redazione, però, non era fisicamente esistente, coordinavo il lavoro dei collaboratori semplicemente al telefono. Resto fino alla fine nell’organico di quella piccola realtà editoriale, che ha chiuso i battenti dopo 37 mesi. Nel frattempo però scommetto sull’online e con alcuni amici rilancio il sito web Isernianews. La svolta arriva  alle Comunali del 2012 a Isernia, quando  ci rendiamo conto della portata effettiva del quotidiano on line e dunque ideiamo un progetto serio e strutturato, che ci porta in un poco più di un anno da una media di ottocento visite quotidiane alle 6-7mila di oggi. Sebbene non ci sia nessuno sponsor occulto, come molti impropriamente ritengono, questo risultato mi rende davvero orgoglioso visto che il nostro sito è figlio di un lavoro continuo e spassionato di tre ragazzi under 35.”

Visto il suo solido background formativo, perché una persona dalle sue conoscenze e competenze è praticamente a spasso?

“È semplice. Questa regione in campo editoriale ha delle grandi, immense lacune. Partiamo dal fatto che quasi tutte le testate preferiscono essere delle semplici banderuole che vanno dove soffia il vento. Assecondano il potente di turno perché conviene. Volete sapere perché? La radice dei mali è quella che, impropriamente, viene chiamata legge regionale sull’editoria. In realtà, si tratta di ‘Misure urgenti a sostegno degli editori molisani operanti nel settore della carta stampata’: la legge 28 del 2009, quella che definisco ‘legge vergogna’, che permette di erogare contributi a fondo perduto senza alcun criterio meritocratico. Vengono stanziate ingenti quantità di soldi pubblici per editori che non sono tenuti nemmeno a rendicontarle e dunque il denaro dei molisani, elargito agli amici e agli amici degli amici, viene sperperato in favore di personaggi che poi ne fanno ciò che vogliono, a scapito di chi lavora senza alcuna garanzia  economica. Di pochi giorni fa è la notizia di un editore denunciato per truffa dopo aver beneficato dei fondi previsti dalla legge vergogna. Ferma restando la presunzione di innocenza del soggetto in questione, sono felice che la procura abbia scoperchiato questa pentola. Auspico che si continui ad indagare a fondo per far venire a galla tutte le illegalità. La legge 28 è un qualcosa che offende tutta la categoria di onesti giornalisti che lavorano per un’informazione seria e pulita. Naturalmente, le testate online non hanno diritto a questo tipo di stanziamenti perché secondo i nostri politici la rete sarebbe informazione di serie B. Urge una nuova legge. E a tal proposito l’attuale governatore Frattura, in campagna elettorale, firmò a Telemolise, in presenza del presidente dell’Assostampoa Giuseppe Di Pietro e del collega Giovanni Minicozzi, un documento di impegno in cui diceva che avrebbe varato una legge per l’informazione. Manterrà la promessa o dovremo iniziare a scrivere anche di questa mancanza?”

Ma a questo punto non potrebbero intervenire gli organi che tutelano la categoria? Ordine e Assostampa hanno questo compito.

“Arriviamo al nodo gordiano della faccenda. Ricorda i due capponi che Renzo dei ‘Promessi sposi’ stava portando all’avvocato Azzeccagarbugli? Quelle due bestiole, destinate a morte sicura, non facevano altro che beccarsi l’un l’altro. Bene, questa per me è la fotografia, in Molise, di Ordine dei giornalisti e Assostampa. Qui nessuno ha capito che si sta conducendo una guerra tra poveri. Invece di tutelare i giornalisti si sta pensando solo a perpetuare il proprio ruolo, ad autoconservare certe posizioni che, economicamente parlando, sono di assoluto privilegio. Non discuto i meriti di queste persone. Ma come si può capire il precariato quando lo stipendio medio di molti rappresentanti di spicco della categoria è almeno sei volte quello di un collaboratore sottopagato di una qualsivoglia testata? I vertici di Ordine a Assostampa hanno detto, dopo la chiusura, di non sapere quale fosse lo situazione de ‘I Fatti del nuovo Molise’, di ignorare che avremmo chiuso. Siamo all’assurdo. In Molise, l’Ordine conta 630 iscritti, l’Assostampa credo 170, i quotidiani cartacei erano solo 4: e ci vengono a raccontare che della nostra chiusura non sapevano nulla. Complimenti a loro: della situazione dei precari non solo se ne fregano poco, ma evidentemente ne sanno poco e nulla. Pago 110 euro annui per un Ordine che mi assicura solo ed esclusivamente una casella Pec, un servizio che posso avere gratuitamente su altri hosting. Ma forse sono fesso io a continuare a pagare con puntualità. E a rispondere educatamente al telefono quando certi personaggi si ricordano, in sede di rinnovo del Consiglio, che anch’io ho diritto di voto. La loro solidarietà, dopo la chiusura del mio giornale, trasuda ipocrisia in ogni rigo che hanno scritto. Naturalmente non dico che questi due organismi non abbiano mai fatto niente. Anni fa Giuseppe Di Pietro presentò in Regione una legge per riformare l’editoria ma fu totalmente insabbiata. La proposta di Di Pietro era ben strutturata, ma fu bloccata perché era utile alla nostra categoria, comprendeva ogni aspetto dell’informazione: giornali, tv, radio, web. Mi chiedo: perché non è stata tirata fuori di nuovo? Andava a scapito di qualcuno? Perché non si costringe la politica a fare le cose serie, per la nostra categoria? Si ha la capacità di imporsi? Chi non riesce a onorare il mandato, dovrebbe avere il buon gusto di andare a casa, perché non rappresenta la categoria ma gli interessi di pochi. Bisogna lavorare insieme, in tal senso, sindacato e Ordine. Non fare guerre ideologiche fini a se stesse, come avviene da anni: una corsa sfrenata alla visibilità dell’uno per oscurare i meriti, se ce ne sono, dell’altro. A proposito di Ordine: la questione sollevata dal consigliere nazionale Vincenzo Cimino sulle politiche di assunzione in Rai, per me è sacrosanta. In questo caso toccherebbe fare ‘moral suasion’ in viale Mazzini affinché le disposizioni per le assunzioni in Molise venissero modificate: perché questa nostra regione differisce dalle altre. L’accesso al praticantato e, di conseguenza, l’iscrizione nell’elenco professionisti sono tabù, quasi in ogni redazione. Dunque, meno possibilità di accesso alla base dovrebbe significare più opportunità per quei pochi giornalisti del posto che i requisiti, per entrare in Rai, li hanno. Eppure, mai una chiamata per una sostituzione, mai una ‘corsia privilegiata’ frutto di accordi nazionali che facciano realmente gli interessi della categoria. Poi spuntano l’Usigrai a livello nazionale e il Cdr Rai Molise che si riempiono la bocca di parole vuote come trasparenza nelle assunzioni: la verità che ha detto Cimino fa male, e dunque tocca tentare di metterlo a tacere. Ma i giornalisti, specie i precari come me, non vivono sugli alberi e non hanno l’anello al naso. E la lottizzazione, in Rai, a me l’hanno spiegata perfino quando frequentavo la Scuola di giornalismo. Ma torniamo alla realtà, a chi lavora tutti i giorni senza un euro in tasca. Questa non è una professione che si fa per hobby. Vogliamo lavorare ed essere retribuiti in quanto lavoratori. Si faccia una legge che finanzi tutti i media secondo criteri meritocratici: assunzioni in regola, stipendi pagati, contributi versati. Sei in regola? Ti spetta l’aiuto della Regione. Non lo sei? Se ce la fai, affronti il mercato con le tue forze. Solo così si possono spezzare le catene dello sfruttamento: qualcuno, nelle redazioni, lavora tutti i giorni per 300 euro al mese. Per questo riconosco la bontà e la necessità della battaglia del presidente nazionale dell’ordine, Enzo Iacopino, sull’equo compenso. Ma intanto ai precari dico: quando ci sono queste situazioni, fate vertenze. Il mio giornale ha fallito per responsabilità editoriali, lo so bene: ma Ordine e sindacato non possono svegliarsi ora e scoprire che il settore è in crisi. Mettano i politici con le spalle al muro e, insieme ai precari, viaggino all’unisono verso un comune punto di arrivo: un’informazione pulita ad opera di professionisti correttamente retribuiti. Altrimenti, di altre testate che chiuderanno i battenti ne vedremo altre, molto presto: lo sappiano, i nostri rappresentanti di categoria, prima di versare inutili lacrime di coccodrillo.”

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