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LA STORIA: L'ingegnere agnonese che vive in Antartide

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Antonio Litterio è un giovane nativo di Agnone, Paese di montagna dell’Alto Molise. Circa un anno addietro ha deciso, con grande coraggio, di affrontare una spedizione in Antartide. Ha sospeso il Suo Mondo ed è partito.

In questi giorni ha pubblicato sul profilo in Facebook lo scritto che riporto per intero.  E’ un frammento dell’intera storia personale di questo illuminato giovane a cui mando il mio augurio di ulteriori meravigliose esperienze di vita e lavoro. In un mondo, come quello interno dell’Italia meridionale, fermo e storicizzato, in cui i cambiamenti sono secolari, avventurarsi “dall’altra parte del Mondo” è gesto forte e intelligente.

Le motivazioni le ha scritte e le scriverà Lui stesso in seguito, ma, leggendolo così struggente e poetico, sui bordi dell’anima che si esprime ai confini dello spirito, mi sovveniva una sola domanda: “…che cos’è la felicità?…”.

La felicità è l’autorealizzazione di se medesimi, di se stessi, e questa è una definizione di Aristotele il quale ritiene che ogni uomo sia fornito di una vocazione, di una inclinazione, che lui chiama “daimon”, ciascuno ha il suo demone, il musicista, l’artista, il filosofo, l’uomo che lavora manualmente, e la felicità in greco si dice “eudaimonia”: “la buona realizzazione del tuo demone“. Questa è la definizione di felicità di Aristotele e io sto a questa definizione, l’autorealizzazione, uno se si autorealizza, se fa ciò per cui è chiamato o che è evocato, appunto, è felice. Ad Maiora Antonio!

“…Questa volta è “Estasi e Abisso” a guidarvi tra le pause di questo mio scritto.

 

Oggi nella mia stanza ho iniziato a sistemare il baule; Rito che sancisce il preludio della fine di questa mia esperienza. Mentre ero lì mi sono sdraiato ed ho iniziato a pensare.

Sono ormai passati più di undici mesi dalla mia prima impronta sul suolo antartico e nove di completo isolamento, ho visto passare molte stagioni, per la prima volta nella mia vita non scandite dal cambiare dei colori della natura, dalle foglie che da un verde sfavillante cambiano dipinte da chissà chi importante pittore.

Le stagioni sono passate anche qui, nella monotonia, scandite dalla luce, dal freddo e dai cambiamenti del mio spirito e del mio corpo. Sono passato attraverso la stagione del tramonto, stagione di passaggio, preludio alla più impegnativa ed attesa stagione del buio con le sue mille notti senza luce, affascinanti e tenebrose, che mi hanno segnato nel profondo. Poi la stagione delle albe, la nuova rinascita, il sentirsi vivo ed il rendersi conto dell’importanza della luce.

Ed ora eccomi qui ritornato a chiudere il cerchio nella stagione della luce perenne, ma é diversa da quella che ho attraversato un anno fa. Ora sono stanco, non posso e non voglio nasconderlo, è fisiologico ma anche frustrante. Avere la voglia di spaccare il mondo ed invece ritrovarsi senza energie.

Vorrei camminare per chilometri e chilometri nel chiaroscuro di un sottobosco e lì immergermi nei suoni della natura e respirare un aria frizzante e piena di odori; vorrei sentire le onde che si infrangono potenti sugli scogli come tuoni in una nera giornata e sentire la pioggia bagnare il mio corpo.

Vivere in un mondo asettico non è facile; La monotonia è asetticità; è una grande avversaria e l’avere la consapevolezza di non essere immerso in un mondo di stimoli non facilita il percorso.

Guardo la mia stanza e penso a quanti umori ha vissuto, quanti pensieri e sospiri uditi, dei miei che si uniscono agli altri dei precedenti interventi, come venature nel legno delle sue pareti segnano e caratterizzano anche la mia persona. Notti e giorni insonni in cerca di risposte e forza. Questa stanza che molte volte ha ascoltato le parole desidero, vorrei e mi manca.

Mi manca sentire acqua di mare sulla mia faccia; assaporare un frutto succoso, udire voci, sdraiarmi sotto un albero e restare li a fissare le foglie che con il vento ed il sole vibranti brillano e mi riempiono gli occhi di vivida luce.

Sono stanco, vorrei addormentarmi ora in un prato verde e sentirmi cullato, cullato da una lieve brezza primaverile, cullato tra le braccia di una donna che mi possa far addormentare ed una volta risvegliato sentirmi come se tutto questo fosse stato un sogno e una volta risvegliato sentirmi pieno di energie e pronto ad attraversare una nuova stagione.

 

Antonio…”.

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