Agricoltura come attività economica redditizia e compatibile con la salvaguardia dell’ambiente. Questo il tema affrontato ieri sera durante l’incontro “Cooperative Agricole: Risorsa per il territorio” organizzato dalla Pro Loco di San Felice del Molise presso il Caffè Letterario.
A stimolare il dibattito sono intervenuti Valentino Cirulli - delle omonime cantine ubicate nell’orvietano - e Simone Gentile dell’Azienda Agricola Melise di Castel del Giudice.
I numeri delle esportazioni nel settore agroalimentare parlano chiaro: 33 miliardi di euro il valore del commercio estero del 2013; tra i prodotti più esportati vi sono il vino e l’ortofrutta, simboli di un tessuto ricco e produttivo che dà lavoro a milioni di persone.
A queste cifre si aggiungano poi le numerose e positive ricadute dell’attività agricola sulla manutenzione del territorio, la conservazione delle varietà locali e la valorizzazione delle produzioni tipiche. La produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli rappresenta un’opportunità economica a tutti gli effetti, i cui benefici riguardano l’intera comunità, a patto però che si smetta di pensare in termini individualistici e si punti invece sull'associazionismo tra produttori. La logica non po’ essere quella del “si salvi chi può”, ma quella di un progetto produttivo di ampio respiro, capace di coinvolgere intere comunità.
La ricchezza della nostra regione è sotto gli occhi di tutti: lande desolate possono tornare ad essere campi fiorenti e trasformarsi in fonti di reddito e lavoro per le molte persone residenti in queste zone. Questo è l’unico modo per arrestare il fenomeno dell’emigrazione che ha dissanguato i nostri paesi. Invece di esportare miserie, dovremmo prendere in mano la situazione e cominciare ad esportare i frutti della terra. Le attività imprenditoriali possono e devono essere quelle legate alle risorse locali, senza aspettare le briciole di scriteriati impianti di energie rinnovabili che a noi lasciano solo devastazione a fronte di nessun beneficio per il territorio e le comunità residenti.
Una via d’uscita alla crisi esiste ed è sotto gli occhi di tutti, basta solo prendere in mano le redini del proprio futuro, pensando agli interessi economici dei nostri paesi e non a quelli di imprenditori senza scrupoli o di amministratori poco lungimiranti. Una nuova concezione della vita economica non più legata all’aspirazione del posto fisso in fabbrica, ma alle nostre idee, realizzate con i nostri mezzi e la fiducia nelle nostre forze. Quello di cui abbiamo bisogno è un’inversione di tendenza, accelerata dall’orgoglio di vivere nei piccoli centri e dalla convinzione che ripartire da noi si può: il riscatto dell’identità culturale e la creazione di occasioni di lavoro sul territorio saranno sicuramente la base per condizioni di vita migliori.