AGNONE - Correvano gli anni Novanta. Già si parlava di tagli ai servizi nell’entroterra, in particolare alla sanità che in Alto Molise significa il “Caracciolo”. Tremila agnonesi, sigle sindacali, partiti, semplici cittadini, scesero in piazza. Dalle montagne abitate un tempo dai Sanniti scesero a valle, nel capoluogo di provincia, per protestare, per gridare il proprio «no», per difendere il diritto ad essere cittadini come tutti gli altri, che pagano le tasse, ma vogliono, in cambio dei servizi: scuole, sicurezza, viabilità e soprattutto sanità. Il diritto alla salute è, in ultima analisi, il diritto stesso alla vita, all’esistenza, alla sopravvivenza. Quella passione, quella rabbia, quella determinazione, quella voglia di lottare che animarono i tremila agnonesi negli anni Novanta sembrano essere ormai perse, dimenticate, svanite nel nulla. Un popolo senza più orgoglio che accetta supinamente la demolizione dell’ospedale “Caracciolo”. Questo racconta la cronaca del 2010. La storia, invece, racconta altro, ma è storia, appunto, e «acqua passata non macina più».