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AGNONE, EBREI E ROM

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AGNONE - Sia dal punto di vista collettivo che da quello individuale, la memoria non è un prodotto, ma un processo costante. Abbandonate qualunque cosa all’inerzia, e la rimozione la inghiottirà. Non sarà giusto, ma è naturale: nell’ordine dei fenomeni spirituali, la rimozione corrisponde a ciò è la gravitazione universale nel mondo fisico. E la realtà, diceva Hannah Arendt, "non è tenace, non è forte, ha bisogno della nostra protezione". D’altra parte, è proprio questa irrimediabile fragilità del reale a offrirgli, di tanto in tanto, impensabili possibilità di salvezza. Perché possono bastare la tenacia, la curiosità, il senso di giustizia di un solo individuo per ridare vita a interi mondi. Mentre mi incammino verso il luogo del nostro appuntamento, e poi lo seguo fino a casa sua, non mi è difficile capire che Francesco Paolo Tanzj è uno di questi individui. Beviamo un caffè nel suo studio, tappezzato di libri. Tanzj non è di Agnone, che è il paese della moglie, ma vive qui da tanto tempo. Insegna lettere al liceo scientifico, scrive poesie e romanzi, viene spesso a Roma. È stato lui a mettere al lavoro gli studenti della V B, nell’anno scolastico 2000-2001, mandandoli a frugare negli archivi di Agnone e a interrogare i pochi testimoni in grado di dare informazioni. Li ha portati a Roma, a via Tasso, e alle Fosse Ardeatine, e infine in Austria, per visitare il lager di Mauthausen. Una specie di corso accelerato sull’orrore umano. Se da questo orrore possa uscire un lume di redenzione, a questo ci penseranno i ragazzi – queste non sono cose che possono essere insegnate. Tanzj mi mostra un libro dalla copertina bianca, con tutti i risultati della ricerca, intitolato I campi di concentramento nel Molise. San Bernardino e i confinati politici ad Agnone . È evidente che San Bernardino e Mauthausen sono due cose diverse. La memoria dei luoghi storici disegna una specie di geografia del male, che non è uniforme in tutti i suoi punti. D’altra parte, questa varietà di gradazioni è la traccia di una verità ben più terribile, che bastano pochissime parole a riassumere: perché esistano posti come Auschwitz e Mauthausen, c’è bisogno di un’infinità di posti come San Bernardino. Luoghi di transito, di raccolta, di smistamento: scuole, caserme, ospedali, stazioni. E conventi, ovviamente. La banalità del male, insomma, non è solo una categoria morale. Va considerata anche la cosiddetta edilizia pubblica. Fosse capitato oggi, alla lista andrebbero sicuramente aggiunti i centri commerciali, i cinema multisala, i musei d’arte contemporanea. Le sale per videogiochi. Attualmente il vecchio convento, fondato addirittura nel Quattrocento in onore di san Bernardino da Siena, è un ospizio per donne anziane. L’edificio, su due piani, poteva contenere fino a centocinquanta internati in grandi camerate. A parte la privazione della libertà, l’incertezza sul futuro e molti altri disagi materiali e psicologici, il trattamento era abbastanza umano. Come campo di concentramento, San Bernardino funzionò dal 1940 al 1943. In un primo tempo, era stato destinato a ebrei di lingua tedesca, provenienti in gran parte, a quanto pare, dall’Austria. Poi (in seguito alla chiusura di un analogo centro a Boiano) vi furono internate grandi famiglie di zingari. Le condizioni di vita peggiorarono progressivamente. Il cibo era poco, le vecchie mura del convento erano intrise di umidità, il flagello dei pidocchi causava infezioni di ogni tipo. Grazie alle ricerche di archivio effettuate da Tanzj, qualche anno fa è stato possibile rintracciare due rom deportati a San Bernardino, Tomo Bogdan e Milka Goman. In occasione della Giornata della Memoria, il 27 gennaio 2005, il sindaco di Agnone, Gelsomino De Vita, ha chiesto scusa a quei superstiti a nome di tutto il paese. "La cittadinanza tutta – leggo nella fotocopia del diploma ufficiale che mi fa vedere Tanzj – esprime la propria solidarietà a Tomo Bogdan e Milka Goman, ai loro familiari e al popolo rom per le sofferenze subite in conseguenza delle leggi razziali del 1938". * TRATTO DAL QUOTIDIANO L'AVVENIRE
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