In linea con la mobilitazione nazionale che la Coldiretti sta tenendo nelle maggiori città italiane e nei capoluoghi di regione, la Coldiretti del Molise, dalle 9 di questa mattina, ha chiamato a raccolta gli allevatori della regione (ve ne erano circa 250, ndr) per gridare a gran voce il loro “no” al falso “Made in Italy” di latte e derivati. Tutelare i produttori di latte e derivati ma anche i consumatori, che spesso credono di acquistare prodotti “Made in Italy” che di italiano spesso hanno solo il nome. Questo il fine della grande manifestazione tenuta oggi dinanzi al ‘Centro del Molise’ di Campobasso.
Al fianco degli allevatori, oltre all’intera dirigenza Coldiretti, si sono schierati anche l’assessore regionale all’Agricoltura, Vittorino Facciolla, il sindaco di Campobasso, Antonio Battista, e il primo cittadino di Roccamandolfi, Giacomo Lombardi, il presidente 'dell’Associazione dei Consumatori’, Filippo Poleggi, ma anche il presidente della Camera di Commercio di Campobasso, Paolo Spina. Non ha fatto mancare il proprio sostegno alla manifestazione anche il governatore, Paolo di Laura Frattura, che, impossibilitato a prender parte attiva all’incontro, ha inviato un messaggio di vicinanza e sostegno all’intero comparto agricolo e zootecnico.
“La manifestazione di oggi – ha spiegato il presidente regionale della Coldiretti, Tommaso Giagnacovo – prima di una serie a difesa dell’intero ‘Made in Italy’, vuole accendere i riflettori sullo scandalo del latte e derivati spacciati per italiani, ma troppo spesso di provenienza estera. Il nostro latte, di altissima qualità, viene sempre più sottopagato ad un prezzo che non consente quasi più di coprire neanche le spese di produzione”.
“Parliamo – ha precisato il presidente provinciale della Coldiretti di Isernia, Giovanni Monaco – delle stesse multinazionali che, facendo cartello, stanno abbassando il prezzo del latte alla stalle di un centesimo al mese. Un trend insostenibile che sta producendo la chiusura, in campo nazionale, di tre stalle al giorno oltre a causare il progressivo spopolamento delle nostre montagne e campagne”.
Ma i numeri di questa che è stata definita la “guerra del latte” per il nostro Paese sono ancora più eloquenti. Dall’inizio della crisi si sono, infatti, persi 32mila posti di lavoro e, ad oggi, solo una busta di latte UHT venduta in Italia contiene latte italiano. Stessa situazione per i lavorati del latte se si considera che solo una mozzarella su due venduta in Italia è fatta con latte italiano. “Come se non bastasse – ha inoltre spiegato il direttore regionale della Coldiretti, Saverio Viola – c’è il pericolo che l’UE possa costringere l’Italia a produrre formaggi con latte in polvere. Per questo – ha annunciato - abbiamo iniziato a raccogliere le firme contro questa norma”. Una iniziativa che ha avuto grande successo visto che a fine serata le firme raccolte, ivi comprese quelle delle autorità intervenute, sono state oltre 1200.
Accennando ai pro e contro della globalizzazione, l’assessore Facciolla ha poi voluto rimarcare che: “In un mercato globalizzato i produttori molisani non possono competere in termini di quantità ma possono farlo in qualità” e, lodando l’azione di Coldiretti, definita “di protesta ma anche di proposta”, Facciolla ha annunciato l’imminente pubblicazione dei primi sei bandi del nuovo Psr, “all’interno del quale – ha spiegato - ci sarà spazio per valorizzare il ‘Made in Molise’, grazie alla certificazione di qualità che potrà essere riconosciuta ad agricoltori e produttori”.
Sulla stessa linea il sindaco Battista che, in linea con l’impegno di Coldiretti nel campo dell’agroalimentare, ha definito il marchio “Campagna Amica” di Coldiretti “garanzia di qualità”, “qualità – ha precisato - che avrà una sempre maggiore ricaduta sull’economia del territorio”. Molto interessante, infine l’esperienza portata dalla preside dell’Istituto Agrario di Campobasso, Rossella Gianfagna, che, da alcuni mesi ha avviato, di concerto con il penitenziario di Campobasso, un progetto che consente ad alcuni detenuti di recarsi a lavorare nell’azienda dell’istituto dove i ragazzi possono consumare ciò che viene prodotto “a chilometri zero”.