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La festa di San Giuseppe: un'antica tradizione da custodire gelosamente

Un breve viaggio nella 'Festa dei Poveri'

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La festa di San Giuseppe, che ricorre il 18 e 19 marzo, è forse uno dei pochi riti religiosi interamente casalinghi. Nono sono infatti previste, in nessuno dei comuni in cui si festeggia il santo, fastose cerimonie o processioni che coinvolgono l'intera cittadinanza. Al contrario questa festività è di tipo domestico e, le origini della tradizione, sono avvolte dall'incertezza, il solo dato certo è che risalgono, come dimostrato nel corso di un convegno a Riccia tenutosi nel 2003, ad un periodo antecedente al 1600.

Tuttavia questo tipo di celebrazione 'privata' non ha fatto altro che favorire l'ingresso della liturgia ecclesiastica nelle case del popolo. Essendo una festa di questo stampo il rituale consisteva nell'imbandire, da parte delle donne delle famiglie devote, delle lunghe tavolate a cui partecipavano amici e parenti; emblematica è in questo senso la frase ''c'é da chiedersi fino a quando potremo godere dei benefici offerti da queste donne semplici e generose" che si legge nel libro di Francesco Iovine dal titolo Viaggio nel Molise.

Tutte le pietanze della tradizione sono a base di prodotti poveri come, ad esempio, la pasta con la mollica. Deriva, da questa impronta povera, anche l'usanza adottata soprattutto negli anni passati, di mangiare la pasta con le mani. In generale, anche se poi ogni paese ha sue tradizioni specifiche, durante la preparazione della festa vengono imbandite due tavolate i cui prodotti, come detto, vengono offerti alla comunità. Tuttavia esiste una differenza tra le due: nella prima prendono posto due persone anziane e un bambino, per poter simboleggiare la Sacra Famiglia mentre, nell'altra, si accomodano tutti i commensali senza chiedere il permesso e ringraziando il santo.

Non a caso in un angolo della casa viene allestito un piccolo altare "finemente addobbato con l'effige del Santo, con drappi variopinti e abbellito da piante e fiori. Nello stesso ambiente e in poche ore bisogna far mangiare i visitatori che affluiscono numerosi''. (fonte: 'La Tavola di San Giuseppe nella tradizione di Casacalenda')

Sempre sotto un profilo generale tredici saranno poi le portate sempre a base di prodotti poveri e della terra come i legumi e i dolci tradizionali quali i 'caveciuni' e le 'screppelle'. Mentre le donne cucinano in casa gli uomini girano per il paese intonando canti accompagnati dal suono della fisarmonica. Infine, in taluni casi, si preparano dei falò per le strade dei borghi; intorno a questi fuochi si passa la nottata di veglia continuando a consumare cibi e bevande.

Passeggiando nei paesi in cui la festività è sentita particolarmente, si nota una forte carica emotiva forse anche perché, in passato, questa era un'occasione per l'intera popolazione povera di poter mangiare a sazietà senza sentire l'obbligo di dover ringraziare chi gli offriva il cibo ma solo il Santo che esaudiva un loro bisogno fondamentale.

 

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