L’agro di questa cittadina alto molisana fu plausibilmente abitato dal popolo sannita nell’antichità, ad attestarlo, non soltanto l’importante necropoli che si sviluppa intorno alla tomba del sacerdote Sannita Ovio Paccio, vissuto tra il IV e il III Sec a. C. ma anche dalla posizione strategica che vede Belmonte al centro di una vasta area Sacrale delimitata dai Santuari Sanniti di Schiavi d’Abruzzo, Pietrabbondante e Vastogirardi.
Come sostenevamo precedentemente, nel territorio di Belmonte del Sannio, e precisamente in località “Colle Sant'Angelo” è sita e visitabile la cosiddetta Tomba di Ovio Paccio. Tale sepoltura monumentale è scavata in un grosso macigno quest’ultimo collocato al centro di un’area sepolcrale sannita costituita da tombe a cappella. La suddetta tomba, rinvenuta da un contadino nella seconda metà del XIX Sec., si presentava provvista di un coperchio in pietra sul quale era inciso il nome Uviis Pakiis, scritto con caratteri dell’alfabeto osco; conservate all’interno della tomba furono rinvenute inoltre una spada sannita e resti di un’armatura.
Ovio Paccio, citato da Tito Livio nella sua “Storia di Roma”, fu il sacerdote Sannita che prima della decisiva battaglia di Aquilonia (293 a.C.) celebrò il cruento rito inerente al giuramento dei “Linteati” (da Linteo, tessuto simile al lino, simbolo di purezza, che fu utilizzato per recintare l'area sacra in cui sarebbe avvenuto il giuramento). Erano questi i componenti del corpo scelto di 40.000 giovani, il nerbo della nobiltà sannita, i quali giurarono di vincere contro i Romani, di non arretrare per nessun motivo e di uccidere quanti di loro fossero fuggiti davanti al nemico.
Qui di seguito voglio riportare, così come descritto dallo storico del tempo Tito Livio, il toccante e struggente giuramento che fu espresso e sottoscritto dai nostri valorosi antenati per non dimenticare mai la fierezza e l'intima coscienza di se del popolo sannita.
« ….Compiuto il sacrificio, il comandante faceva chiamare da un messo, i più nobili per famiglia e per imprese. Essi venivano introdotti ad uno ad uno. Oltre ad altri apparati sacri, che infondevano nell'animo il timore religioso, vi erano al centro del recinto, coperto tutto intorno, are e vittime uccise, ed erano schierati dei centurioni con le spade sguainate. Il giovane veniva condotto davanti agli altari più come una vittima che come un iniziato, ed egli giurava che non avrebbe rivelato ciò che vedeva o sentiva in quel luogo. Lo costringevano a giurare secondo una formula fatta appositamente per invocare una maledizione su questi, sulla sua famiglia e stirpe, se si fosse rifiutato di combattere dove i suoi generali volevano, o se fosse scappato dal campo di battaglia, o avesse osservato un altro fuggire e non avesse fatto nulla per ucciderlo. Alcuni che si erano rifiutati di giurare in quel modo, furono uccisi in modo barbaro davanti agli altari. I loro cadaveri abbandonati in mezzo alle altre vittime, erano di esempio agli altri perché non si rifiutassero di giurare.... » |
(Livio, Ab Urbe condita libri, X, 38.7-11.) |