Statisti e condottieri, ma anche capitani d’industria e lavoratori. L’unità d’Italia passa anche di qui e con quegli stessi risvolti epici che caratterizzano le grandi battaglie. Perché creare un negozio, che poi diventa fabbrica, che poi diventa un marchio, che poi si afferma nel mondo è certamente un’impresa. Così come è un’impresa anche mantenere in vita un’azienda per più di cento anni. Di nomi e di storie non ne mancano certo, attraversano l’intero comparto industriale italiano e qualcuna porta anche le stesse date anagrafiche del Regno d’Italia. È proprio nel 1860, quasi in contemporanea con l’Unità, che Gaspare Campari s’inventa a Novara un nuovo liquore nato dall’infusione di erbe, piante aromatiche, frutta, alcol e acqua cui dà il nome di Rosa Campari. Manco vent’anni dopo, nella Milano della Scapigliatura il bitter diventa la bevanda degli "aperitivi". Oggi la Campari è una holding del "beverage". Il fervore e la voglia di fare di quegli anni, tra la nascita del Regno e gli inizi del Novecento, è confermata dal fatto che in quel periodo i più promettenti imprenditori getteranno le basi per quelle industrie che poi faranno l’Italia. È l’11 luglio 1899 quando viene firmato l’atto di nascita della «Società anonima Fabbrica Italiana di Automobili — Torino». La prima automobile costruita è la 4 HP. L’anno dopo si inaugura il primo stabilimento che produce 24 vetture l’anno, Giovanni Agnelli è il primo amministratore delegato della Fiat. Qualche anno prima, invece, nel 1872, nasce un altro grande marchio italiano, grazie all’iniziativa di Giovanni Battista Pirelli, un giovane ingegnere di soli 24 anni che a Milano costituisce l’omonima azienda, attiva in prodotti in gomma. Il primo pneumatico per bicicletta è del 1890. E se tra Torino e Milano fioriscono le iniziative industriali, a Parma, in strada Vittorio Emanuele, da una modesta bottega con annesso forno aperta nel 1877 da Pietro Barilla senior, prende il via la storia di uno dei più importanti gruppi alimentari mondiali, ancora oggi guidato dalla stessa famiglia. Con la nascita della nazione, poi, si avviano anche le infrastrutture necessarie per farla crescere. Non mancano i produttori di energia. Uno di questi è la Edison, la più antica società italiana dell’energia, ma anche una delle più antiche al mondo. Nel 1881 è Giuseppe Colombo, con il sostegno di alcune banche, a fondare a Milano il Comitato Promotore per l’Applicazione dell’Energia Elettrica in Italia. L’anno dopo il comitato assume la denominazione di «Comitato per l’Applicazione dell’Elettricità Sistema Edison in Italia» e acquista il vecchio teatro di Santa Radegonda per installarvi le macchine generatrici «Jumbo». Ora dopo quasi 130 anni, quel marchio, salvato da Enrico Bondi, rischia in totale assenza di una politica industriale italiana, di passare sotto il controllo dei francesi di Edf. La stessa sorte, che è toccata a un altro pezzo storico del made in Italy, la "gioielleria" Bulgari, un’azienda fondata a Roma nel 1884 che invece di assumersi l’onere di catalizzare intorno a sé altri marchi del lusso ha preferito cedere la mano a chi quel lavoro lo porta avanti da tempo e meglio di noi, i francesi di Lvmh. E se sul fronte della grande industria l’Italia perde qualche colpo è tra le piccole e medie imprese che si annidano alcuni primati mondiali. Non deve infatti stupire che nella speciale classifica di anzianità delle imprese stilata da Family Business, una rivista americana specializzata proprio in aziende familiari, tra le prime dieci, ve ne siano ben sei del suolo italico. In testa alla classifica svetta una realtà giapponese, la Houshi Onsen, l’albergostruttura termale guidato dalla stessa famiglia dal 718, mentre il secondo posto è tricolore, grazie alla Pontificia Fonderia Marinelli, nata nell’anno mille ad Agnone (Isernia), come fonderia delle campane del Papa. I dipendenti sono 20 e tra loro ci sono ancora cinque membri della famiglia Marinelli. Al quarto posto si piazza la Barone Ricasoli, storico produttore di vino e olio d’oliva nato a Siena nel 1141, al quinto posto, la vetreria Barovier & Toso, di Murano (Venezia, 1295), in ottava posizione la Torrini, l’impresa produttrice di gioielli fondata dal capostipite Jacopo nel 1369 e in nona la Antinori, che produce vino a partire dal 1385. Decima è la Camuffo di Portogruaro (Venezia), impresa costruttrice di imbarcazioni nata nel 1438 nel porto veneziano di Khanià a Creta. E forse proprio per recuperare questo patrimonio, Unioncamere ha dato vita a un progetto ("Italia 150") per creare un registro nazionale delle imprese longeve, in concomitanza con il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. «Uno strumento prima di tutto di conoscenza ma anche di promozione per tutte quelle realtà imprenditoriali che nel tempo hanno saputo coniugare innovazione e tradizione», spiega Claudio Gagliardi, segretario Generale di Unioncamere. * TRATTO DA LA REPUBBLICA.IT (AFFARI & FINANZA)