Fondazione e dintorni. Sergio Sammartino: "Ciò vuol dire – in concreto – che la vita del cittadino agnonese, nei prossimi anni, potrebbe essere quasi interamente “indirizzata” da una associazione privata"

Sergio Sammartino
21/10/2016
Attualità
Condividi su:

 

 

         E’ in corso un dibattito assai interessante sulla neonata Fondazione per l’Atene del Sannio, in Agnone, istituzione privata che – così come si presenta – potrebbe avere un’influenza determinante nel futuro del centro alto-molisano e, inevitabilmente, sull’intero Alto Molise.  Tale dibattito – forse non previsto –  è alimentato soprattutto da Vincenzo Scarano, avvocato di Agnone e candidato sindaco nelle scorse elezioni comunali, oggi consigliere di minoranza e vicepresidente alla I° Commissione comunale sulla cultura e turismo.

       Come ciascuno sa, la suddetta fondazione aspira a curarsi del turismo locale, e i nomi che si apprestano a sostenerla sono, innegabilmente, i più stimabili e affidabili che quell’area contiene: si tratta dei migliori professionisti e imprenditori che ancora risiedono in loco, con l’aggiunta di altri che – pur risiedendo altrove – mostrano buone disponibilità ad assumersi l’onere di sostenere la vitalità della nostra terra.

         La storia di Agnone, del resto, trova i suoi apici proprio nell’agire di gruppi privati, che ebbero il coraggio di attivarsi senza appoggio delle istituzioni pubbliche, in tempi in cui non ci si era ancora abituati all’assistenzialismo clientelare delle Repubblica, il quale ci ha forse disabituati all’iniziativa spontanea, “viziandoci” nella continua attesa di un “fiat” che venga da una qualche “autorità”. I tempi eroici della ferrovia Agnone-Pescolanciano, della Banca Sannitica, della Centrale Idroelettrica sono stati più volte ricordati, assieme ai nomi,  sempre benedetti, di Giuseppe Maria d'Onofrio,  Venanzio Gamberale, Pier Francesco De Horatiis, Giuseppe Leonelli, e tant’altri che non posso nominare per tirannia di spazio.  

         Ben venga dunque, questo gruppo di personalità spiccate e “sperimentate” a “dare una mano”, là dove le istituzioni pubbliche non arrivano a risolvere gran che!

         Tuttavia, ci urge qualche riflessione. Negli ultimi vent’ anni – anche in ambiti di alto livello politico – la creazione di fondazioni si è decuplicata. Non vi è partito politico che non ne abbia creata una … forse prima di sparire esso stesso come partito, o di cambiare talmente i propri contenuti da divenire altro rispetto a ciò che era. Le analisi di illustri politologi ci aiutano ad intravedere anche qualche aspetto inquietante in questo fenomeno. Di fatto, le fondazioni agiscono come “sostitute” dei partiti ufficiali … o delle istituzioni pubbliche (che vuol dire “del Popolo Sovrano”) cui quei partiti afferivano. Sta di fatto che quei partiti e quelle istituzioni sono i mezzi che la tanto decantata Costituzione mette a disposizione del Popolo per esprimere la propria volontà … anche se oggi appare evidente un’ allarmante disaffezione dai partiti e dalle istituzioni, veicolata dai troppi esempi pessimi che hanno dato di sé.

         Insegnando Storia da decenni, so bene che in ogni periodo di crisi la riduzione degli spazi di democrazia appare inevitabile, al fine di garantire una più rapida e facile azione, tesa alla risoluzione di problemi pressanti (tipica è la tendenza al rafforzamento degli organi di potere esecutivo a discapito delle rappresentanze elette). Ma, in quei casi, sono sempre e comunque le istituzioni pubbliche che variano – per così dire – la proporzione tra i loro stessi poteri, al fine di risolvere in modo più drastico la crisi stessa. E i poteri pubblici – quali che siano – si configurano sempre come espressione della collettività popolare che li sorregge o – almeno – li tollera. Gli ultimi anni invece, hanno dato luogo all’emergere di poteri privati che si sostituiscono a quelli pubblici, col rischio di asservirli. Il che significa che in tutto l’Occidente  c’è una tendenza a creare – più o meno visibilmente – dei centri di decisione non soggetti ad alcun potere o controllo popolare, dai quali partono “veramente” le direttive politiche. Mi si dirà che sto “partendo in quarta” e che parlo dei “massimi sistemi”. Ma, attenzione: la stessa Regione Molise, anni fa, ha creato una Fondazione Cultura che – di fatto – ha suscitato in molti il fastidioso sospetto di essere una sorta di perenne assessorato alla cultura … non più soggetto al vaglio elettorale. Non dobbiamo quindi andare a cercare tra le grandi lobby americane i segni di un mutamento che ci coinvolge tutti e può includere – perche no – la stessa piccola Agnone.

         Ora,l' inquietudine che qualcuno esprime è che i previsti rapporti tra la Fondazione Atene del Sannio e il Comune (espressione del democratico voto popolare) … siano squilibrati a favore della prima. Per cominciare, il “fondo” di questa è assai ridotto (trattasi, se ben ricordo, di circa 7.000 euri,  e – francamente – dai nomi illustri che la compongono ci si potrebbe aspettare uno sforzo almeno doppio); inoltre è prevista da parte del Comune (ossia della collettività) un sostegno annuo di circa 20.000 euri. I margini di azione della Fondazione sarebbero assai vasti e – a leggere le carte che circolano – la sua libertà molto ampia. Al concetto di “turismo”, infatti, si collegano aree diverse di afferenza: si può correlare al turismo l’artigianato, la cultura, le attività produttive in genere.

         Insomma, gli spazi di intervento della Fondazione potrebbero praticamente “dominare” l’intero svolgimento della vita economica e culturale della cittadina altomolisana. Da parte dell’istituzione pubblica – per contro – non è prevista, almeno per ora, alcuna seria attività di controllo o di dirigenza.

         Ciò vuol dire – in concreto – che la vita del cittadino agnonese, nei prossimi anni, potrebbe essere quasi interamente “indirizzata” da una associazione privata.

         E’ forse bene che io ribadisca che in essa vi sono persone che stimo e che mi sono – senza esagerazione – assai care: amici, parenti, personalità con cui ho condiviso percorsi di crescita e di azione sociale. Tra l’altro, molte di esse vengono – come me – da culture politiche comunitarie e collettiviste, che prevedevano il prevalere del diritto collettivo e pubblico, su quello individuale e privato. Ammettiamo pure l’attuale appianamento di tutte le differenze ideologiche, per cui tutti vanno a confondersi in una melma genericamente liberale e liberista, in cui ogni accenno di prevalenza statale è visto come un dinosauro, e la libertà – economica, politica e persino morale – dell’individuo, sembra esigere un’ illimitatezza sacrale. Ma mi pare quanto meno strano che da loro stessi non venga un’esortazione a dare al Comune (cioè all’organo “pubblico” eletto dai cittadini) una maggiore importanza nella relazione tra le due entità.

     Con tutto il rispetto e l’affetto che posso, li spingo a riflettere. Tutto qui.

 

Sergio Sammartino

 

Leggi altre notizie su Alto Molise
Condividi su: