I piccoli ospedali chiudono per decreto del Governo. E tutte le disposizioni del Programma operativo, anche quelle più sballate, diventano legge. Inoltre entro 60 giorni da questo decreto viene adottato e diventa legge il Piano sanitario 2011-2012. Lo prevede la bozza della manovra economica appena resa nota (dunque ancora non votata). Altro che commissariamento della sanità: il provvedimento – se giovedì passerà in Consiglio dei ministri – sarà uno schiaffo non solo alla sovranità dell’Abruzzo (e delle altre Regioni commissariate), ma a tutte le regole del Diritto. Dice la bozza: le Regioni interessate dai Piani di rientro debbono rimuovere gli ostacoli, anche legislativi, che si oppongono al raggiungimento degli obiettivi di risanamento. In questo caso il Commissario porta in discussione alla Regione i nuovi provvedimenti e li fa approvare entro 60 giorni. Se non vengono approvati, provvede il Governo con i poteri sostitutivi previsti dalla Costituzione. Per l’Abruzzo in particolare (che merita un comma tutto suo) il Programma operativo 2010 diventa legge ed entro 60 giorni viene adottato il Piano sanitario 2011-2012. Dove il Commissario non riesce a vincere (vedi le numerose sentenze del Tar che hanno bocciato tutti i provvedimenti adottati dal duo Chiodi-Baraldi) interviene il Governo che cambia le regole del gioco mentre è in corso la partita. Il Tar aveva rilevato l’illegittimità dei provvedimenti amministrativi del Commissario che chiudevano i piccoli ospedali, mentre ci sono leggi regionali (la 5 e la 6) che li prevedono aperti? Queste sentenze sono carta straccia, le proteste popolari vengono bypassate, saltano le speranze anche bipartisan di un ripensamento per la chiusura dei piccoli ospedali. Da Guardiagrele a Tagliacozzo, da Pescina a Gissi, a Casoli, ma anche ad Agnone in Molise o nel Lazio e dovunque i Commissari hanno decretato le chiusure (chiamate per pudore: riconversioni), gli ospedali chiudono subito, appena approvato il decreto. Incredibile, se non fosse vero, tutto scritto e chiarito in due paginette destinate a deflagrare come una bomba anche nel sonnacchioso clima politico dell’Abruzzo. Si tratta di un provvedimento in controtendenza rispetto al federalismo di cui si parla: invece di delegare al territorio le decisioni, qui si accentra sempre di più e si commissaria non solo la sanità, ma tutto il Consiglio regionale. Quasi peggio che ai tempi dei Romani, dove ai vari governatori delle province si delegava la riscossione delle tasse e dei tributi, ma si lasciavano in vigore le leggi locali, come insegna Ponzio Pilato. Con questa bozza di decreto del Governo, in Abruzzo si va ancora più indietro nel tempo, all’epoca dei Babilonesi, quando la regina Semiramide rese lecita per decreto legge ogni sua lussuria per evitare la condanna morale da parte dei sudditi. In Abruzzo avviene la stessa cosa: qualunque cosa venga in mente al Commissario ad acta ed al suo ufficio diventa legge, con buona pace di tutti quelli che si appellavano alle leggi o ai giudici. Di fatto, questo provvedimento ancora in bozza è la prosecuzione del verbale di incontro tra Chiodi ed il Governo, avvenuto il 24 maggio scorso, dopo sentenze del Tar che bocciavano la chiusura dei piccoli ospedali e pezzi importanti del Programma operativo. La polpetta avvelenata viene servita ieri sera, quando i primi a scaricare le bozze della manovra economica del Governo dal Corriere.it si imbattono in questi provvedimenti. A lanciare l’allarme è l’avvocato Simone Dal Pozzo, che ha vinto tutti i ricorsi presentati contro il commissario Chiodi per conto della lista civica “Guardiagrele il bene in comune”. «Temevamo in effetti – spiega l’avvocato - che il Governo potesse superare quanto il Tar aveva detto e cioè che il potere di programmazione sanitaria spetta alla Regione e così purtroppo è stato. Ovviamente si tratta di una bozza, ma se il tutto si trasformasse nel decreto legge annunciato per giovedì, questo significherebbe che in pochi giorni l’ospedale di Guardiagrele sarebbe chiuso e quelli che, pur essendo disattivati, sono stati salvati, perderanno definitivamente la speranza di tornare a funzionare». Come noto, infatti, un decreto appena dopo la firma del Presidente della Repubblica, è esecutivo ed ha efficacia immediata anche prima della conversione in legge che deve avvenire in Parlamento entro sessanta giorni dalla sua adozione. La vicenda si chiude qui? «No. Forse salta l’appello al Consiglio di Stato presentato da Chiodi, essendo cessata la materia del contendere perché il Programma Operativo come atto amministrativo non esiste più – annuncia Dal Pozzo – ma noi impugneremo immediatamente queste norme davanti alla Corte Costituzionale. Inoltre faremo appello al Presidente Napolitano perché non firmi il decreto dove demolisce in un solo colpo i princìpi più importanti della Costituzione in tema di autonomie: sussidiarietà e leale collaborazione». Resta però l’incognita del comportamento dei parlamentari abruzzesi, quelli del Pdl in particolare, al momento del voto sulla manovra economica, se cioè voteranno a favore del Governo e per la morte certa dei piccoli ospedali, oppure se ascolteranno le proteste dei cittadini.