Quando si parla di storia il nostro pensiero fa riferimento ad accadimenti importanti. Ma oltre questo livello esiste una vita quotidiana che racconta dei più, della quotidiana fatica, spesso infinita, che li accompagnava. Il mondo a cui mi riferisco è relativamente vicino a noi: parlo di quel vissuto che si svolgeva tra Abruzzo e Molise sul finire dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Anni in cui formidabili forze economiche e sociali, tecnologie e progressi videro la luce. Da una parte, una emigrazione feroce che svuotava i nostri paesi afflitti da una miseria atavica, dall’altra, contemporanee innovazioni, come ad esempio la corrente elettrica, ed il treno che oramai copriva molta parte dell’Italia. Questo racconto narra di due vicende che segnarono la storia della linea ferroviaria Sulmona Carpinone. Costruita nel giro di pochi anni, voluta principalmente per le pressioni dei Parlamentari abruzzesi e molisani, primo fra tutti l’Angeloni, fu accompagnata, sin da subito, da polemiche circa la sua utilità. Migliaia di operai furono impiegati in uno sforzo notevolissimo sia a livello ingegneristico che economico. Costata complessivamente circa 100 milioni di lire dell’epoca, doveva congiungere il versante tirrenico con quello adriatico
. Per raggiungere lo scopo furono necessari innumerevoli ponti ed attraversamenti con opere allora definite ardite oltre a numerose gallerie di cui alcune lunghe chilometri. La realizzazione fu suddivisa dalla Direzione Adriatica in tanti piccoli lotti per poter rispettare i tempi di consegna previsti per il 1897. Sul Corriere della Sera del 2 di agosto del 1893, in una corrispondenza da Pescocostanzo, si parla dell’abbattimento dell’ultimo diaframma della galleria della Majella lunga circa 2500 metri. Lo stesso Corriere ricorda come, il 23 dicembre 1891, 200 operai impegnati presso Cansano si avviarono verso valle per festeggiare il Natale. Mentre scendevano a piedi furono sorpresi da una tormenta di neve che, letteralmente, li imprigionò. Le prime notizie parlavano di un numero molto alto di morti. La stampa nazionale diede immediatamente notizia dell’accaduto con le prime agenzie che parlarono di venti morti. Le difficolta nei soccorsi furono enormi. Il Corriere della Sera titolò, con un trafiletto in prima pagina, ” Duecento operai travolti in un turbine di neve tra Sulmona ed Isernia- venti morti” . Anche La Stampa si occupò del caso mettendo subito in dubbio il primo bilancio. Non solo, la notizia fu ripresa dalle agenzie di tutto il mondo: decine di giornali americani tra cui il Los Angeles Herald ed il Philadelphia Enquirer riportarono la cronaca di quella drammatica giornata. Come raccontava il quotidiano milanese ”otto vi lasciarono la vita ed alcuni altri ebbero a subire amputazioni per la cancrena manifestatasi negli arti per assideramento. Simili bufere non sono infrequenti su questi altipiani, ove il termometro scende (come in quest’inverno scorso) a -27 gradi”
La presenza della neve per lunghi periodi dell’anno era messa in evidenza sempre nello stesso articolo in cui si sottolineava l’eccessivo costo dell’opera e, ad avviso del giornale, la sua sostanziale inutilità: ”Purtroppo la Sulmona-Isernia, come tante altre linee inutili ed esuberanti,, vennero votate per influenze personali, ed in conseguenza dei soliti compromessi che si concordano tra i gruppi di deputati autorevoli della Camera per soddisfare reciproci interessi locali. E’ noto che l’influenza del defunto Angeloni di Roccaraso, già Segretario Generale ai lavori pubblici (degnissima persona, del resto, sotto ogni rapporto) ebbe gran parte nel far accettare questa linea tra quelle di prima categoria. I paesi che attraversa da Sulmona a Castel di Sangro, hanno scarse risorse, e per gli obiettivi a cui tende è da ritenersi che avrà minor traffico di quello assai meschino della Solmona Roma….v’ha di più: per l’elevazione di questi altipiani e speciali condizioni climatologiche locali, per tre mesi dell’anno se ne dovrà sospendere l’esercizio.
Eppure, per obbedire al criterio di massima che classifica le spese per ferrovie fra i capitali produttivi, si annovera anche questa in tale categoria!”. Passa qualche anno e si giunge all’inaugurazione dell’intero tracciato il 18 settembre 1997. Da Sulmona a Campo di Giove, da Roccaraso a Castel di Sangro fino ad Isernia, 8 carrozze di prima classe percorrono il tragitto tra “viva ammirazione” delle migliaia di cittadini intervenuti. A Castel di Sangro gli ospiti, dal Ministro Prinetti, ai deputati Cimorelli e Falconi, vengono accolti in una grande sala addobbata di bandiere e fiori. Il pranzo fu di 304 coperti e vi furono continui brindisi. Il Corriere del Molise ironizzò sul luculliano pasto dicendo che in realtà gli invitati furono 375 e che per ognuno di essi si spesero 75 lire, 5 in più dello stipendio medio di un ferroviere. Alle 14 e 50 il treno partì per Isernia, accolto in ogni stazione dalla banda e dai sindaci.
Come racconta il Corriere “ In tutte le stazioni da Castel di Sangro a Isernia il passaggio del treno inaugurale è salutato dalla popolazione. L’accoglienza fatta a Isernia è straordinaria. Parecchie migliaia di persone attendevano il treno e lo accolsero con prolungati evviva. Quando il treno ripartì scoppiarono nuovi evviva”. Quel giorno passò e la vita riprese normale. Il treno era entrato a far parte della vita quotidiana e permise ai nostri emigranti di raggiungere prima il porto di Napoli per attraversare l’oceano. Arriviamo così al 28 gennaio 1897 quando il Corriere della Sera titolò:”Il disastro ferroviario di Vasto Girardi. Sulla linea Sulmona-Isernia 4 morti e 10 feriti” Come per il disastro di Cansano, il grave incidente era accaduto in pieno inverno.
E’ l’Agenzia Stefani a darne l’annuncio in un dispaccio serale del 27 gennaio:” Ieri sera alle 18 e 30 al km. 93,558 tra le stazioni di Vasto Girardi e Carovilli, il treno 1783, per un franamento del terreno, ha deviato e le due ultime vetture di terza classe sono state rovesciate nel sottostante vallone. Vi sono 4 morti- due ferrovieri, un carabiniere e un giovanotto non ancora identificato- e 10 feriti, tutti leggermente. Il pretore del mandamento di Carovilli si è recato sul luogo per le constatazioni di legge.” Descrivendo il percorso della linea, l’articolista ricordava ai lettori che la ferrovia presentava “…dei grandi pericoli di curve e precipizi. Specialmente il tratto da Pettorano sul Gizio a Palena è pericolosissimo e i treni, specialmente nella stagione invernale, con la locomotiva armata di robusti spazzaneve, procedono a velocità ridotta”. Seguiva la cronaca di quello che sarebbe diventato un tragico viaggio: ”Il treno 1783 era partito in perfetto orario da Sulmona alle 14 diretto a Caianello. Era formato di otto carrozze, compresi il bagagliaio e la vettura postale, e trainato da una macchina di vecchio modello in uso su questa linea. Il viaggio era proseguito regolarmente attraverso il paesaggio solenne e nevoso sul piano di Pescocostanzo e il treno aveva raggiunto la stazione di Castel di Sangro con la prudente e consueta lentezza. Le tre vetture di terza classe erano abbastanza affollate di popolani. In una carrozza vi erano parecchie balie di Intro D’Acqua coi bambini lattanti. Esse vennero salvate. Alle 18 e 30 il treno fischiò e rallentò. Aveva superato il disco della stazione di Vasto Girardi. A un tratto i vagoni furono sbattuti violentemente gli uni contro gli altri. Il treno si fermò quasi improvvisamente.
La macchina era deviata per uno slittamento sul binario coperto di nevischio e aveva urtato contro il parapetto del ponte. Se la velocità fosse stata maggiore sarebbe caduta nel vuoto trascinando tutto il treno. Per l’urto formidabile le due ultime vetture di terza classe si rovesciarono nella sottostante scarpata. La penultima andava in frantumi rimanendo sul binario. Fu un momento di spavento e di confusione. Dalla vicinissima stazione di Vasto Girardi accorsero il Capostazione e il personale di servizio, i quali procedettero subito all’apertura delle carrozze ed a soccorrere i feriti che furono su lettighe improvvisate trasportati alla stazione e depositati nella sale d’aspetto e nell’ufficio del capostazione. I feriti dei quali non si conoscono ancora i nomi sono una decina. I morti sono un carabiniere che da Sulmona andava a Isernia, un giovane di cui si ignora l’identità, due frenatori fuori servizio che venivano da Sulmona ad Isernia….Tutti e quattro si trovavano nella penultima vettura di terza classe. Furono ritrovati orribilmente sfracellati . I due frenatori furono trovati abbracciati, stretti nello spasimo della morte. I feriti sono quasi tutti contadini che emigravano in America…..Parecchi dei feriti, di cui due sono ferrovieri, giunsero ieri sera stessa a tarda ora a Sulmona”. Gli altri viaggiatori, con un treno speciale, procedettero per Caianello. Fu aperta immediatamente un’inchiesta su un disastro che sarebbe potuto essere ben più grave. Nel chiudere la cronaca la tratta ferroviaria veniva definita “Infelicissima” e le cause da attribuire allo stato del binario ed alla neve caduta. Tra i viaggiatori si trovava il tenente aiutante maggiore di fanteria Arturo Salvi.
Raggiunto dal giornalista del Corriere a Napoli, descrisse in maniera precisa gli attimi in cui la tragedia si compì. Il militare raccontò come la neve cadesse “abbondantissima e i binari ne erano coperti per parecchi centimetri, tanto che il treno procedeva con parecchio ritardo, anche a causa del forte vento. Con me…..Pasquale Capone direttore del Dazio di Isernia. Nella prima vettura di terza vi erano due ferrovieri, un carabiniere e un giovanotto; nell’altra un soldato di cavalleria, un bersagliere e dieci contadini abruzzesi emigranti. Alle 19 precise, a circa 800 metri dalla stazione di Vastogirardi, il treno ebbe un brusco movimento, fermandosi poscia di botto. Immediatamente si sentì un enorme fragore di vetri infranti, di legno fracassato e disperate invocanti soccorso. Io ed i miei compagni di viaggio riuscimmo a stento a saltare da un finestrino; ma un orribile spettacolo ci attendeva. Il treno era completamente deragliato e la macchina, che già aveva imboccato il ponte in muratura formante cavalcavia al sottostante vallone profondo 15 metri, giunta a circa metà del ponte , era uscita dalle rotaie e, sfondando il parapetto, si era messa di traverso ostruendo completamente il ponte e restando sospesa nel vuoto colle ruote anteriori. Il bagagliaio e la vettura di prima e seconda classe si erano obliquamente addossate al parapetto; la prima vettura di terza classe, rotti i ganci e capovolta, era precipitata nel vallone frantumandosi completamente, mentre l’ultima vettura, scivolando sulla scarpata, le cadeva accanto anch’essa capovolta.
La neve, intanto, continuava a cadere con violenza, mentre l’oscurità più completa rendeva difficilissimo il salvataggio. Io ed i miei compagni, passato il primo momento di orgasmo, unitici al personale del treno, discendemmo subito per la scarpata onde portare i soccorsi più urgenti ed operare quei salvataggi che fossero possibili. Infatti, frantumando i finestrini della quarta vettura riuscimmo, dopo un enorme lavoro, ad estrarre feriti più o meno gravemente i dieci emigranti, fra i quali vi era una donna incinta, ed i due militari che erano quasi incolumi e che si dettero anch’essi all’opera di soccorso pei quattro viaggiatori della prima vettura. I disgraziati, però, sbalzati fuori dalla vettura, nella caduta erano rimasti completamente schiacciati dal carrello precipitato su di essi. Non si potè neanche tentare di estrarli. IL frenatore caduto dal bagagliaio, sebbene gravemente ferito corse alla stazione di Vastogirardi per invocare i soccorsi e per far impedire il proseguimento dell’altro treno inverso che era già giunto in stazione. Dopo circa un’ora giunsero due treni di soccorso uno da Caianello, l’altro da Castel di Sangro coi medici, gli ingegneri, l’ispettore ferroviario e il giudice istruttore di Carovilli….” Come spesso succede, nel giro di una o due generazioni, per i più, si perde memoria di fatti così importanti. Prova ne sia il mancato ricordo della tragedia di Cansano nei tristi giorni di Rigopiano.