Caregiver, la trovata patriarcale di Toma: voucher di conciliazione ma solo per donne

Involuzione rispetto alla Pdl presentata nella scorsa legislatura da Lattanzio, che non distingueva il sesso di chi si prendeva cura dell'anziano o del disabile

Viviana Pizzi
20/08/2018
Attualità
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Vaucher di conciliazione. E' questo il modo in cui il presidente della Regione Donato Toma vorrebbe risolvere il problema dell'occupazione femminile. Si tratta di forme di sostegno che dovrebbero aiutare donne in età lavorativa dai 18 ai 65 anni, inattive, disoccupate e occupate, che assistono un anziano, di età superiore a 65 anni, entro il 2° grado di parentela o affinità, non autosufficiente e assistito in ADI.

Beneficiari dell’Avviso sono i Comuni attraverso l’aggregazione degli Ambiti territoriali sociali che pubblicheranno due avvisi, il primo per l’acquisizione di manifestazioni di interesse per l’erogazione dei servizi di cura/assistenza per gli anziani non autosufficienti rivolto ai soggetti del privato sociale che gestiscono tali servizi, il secondo teso all’individuazione delle donne destinatarie dei voucher di conciliazione.

Fin qui la descrizione di quanto dovrebbe avvenire. Ma quella che per Toma vorrebbe essere una situazione di risoluzione del problema dell'occupazione femminile è in realtà un provvedimento che fa tornare indietro le donne. Viste come unica figura di cura per il parente disabile o anziano. Anche quando questo, fate bene attenzione, fa parte del nucleo familiare del marito. Perché affinità vuol dire proprio questo, parentela diretta della persona da assistere con il marito di chi dovrebbe assisterle. Una visione patriarcale del fenomeno non c'è che dire. Che stride con quanto accade naturalmente nelle famiglie italiane, dove sono sempre più spesso anche gli uomini a occuparsi, insieme alle loro compagne, della disabilità della persona ammalata. Uomini che restano fuori da ogni tipo di possibilità di ottenere il voucher di conciliazione. Tanto per il centrodestra molisano a occuparsi di questo sono solo le donne. 

Tutto ciò era già stato superato, nella scorsa legislatura dalla pdl  numero 197, che aveva come titolo: “Riconoscimento e sostegno del caregiver familiare e del valore economico-sociale del lavoro casalingo ed iniziative a tutela della sicurezza domestica”.  Il progetto di legge, non andato in approvazione, era della presidente della IV Commissione Nunzia Lattanzio. E quando parlava di caregiver non ha mai menzionato il sesso della persona che avrebbe dovuto ottenere benefici. 

La proposta del centrosinistra, recependo il disegno di legge nazionale 2128/17, si compone di 14 articoli in cui si proponeva la soluzione del problema. Infatti intendeva fornire uno strumento di tutela in favore di chi, per scelta o necessità, dedica tempo alla gestione e all’organizzazione del menage familiare. Importante la dizione del termine chi, che non indica il sesso della persona a cui andrebbe l’aiuto.

Sono i commi 2 e 3 dell’articolo uno della legge a spiegare con precisione a chi è rivolta la legge: Al comma 2 definisce il caregiver familiare come ” la persona che volontariamente, in modo gratuito e responsabile, si prende cura nell’ambito del piano assistenziale individualizzato di una persona cara consenziente, in condizioni di non autosufficienza o comunque di necessità di ausilio di lunga durata, non in grado di prendersi cura di sé.” Al comma 3 definisce il lavoro casalingo come ” quello prestato in modo esclusivo all’interno del nucleo familiare che rappresenta l’ambito di riferimento di chi lo esercita favorendo il benessere e lo sviluppo armonico della qualità di vita dei suoi componenti , determinando conseguentemente il miglioramento della società”.

Un progresso polverizzato in un apice di sessismo che toglie il termine persona e reinserisce quello di donna. In netta continuità con il progetto nazionale del popolo della famiglia, condiviso anche dal presidente Toma, di donare mille euro al mese a tutte le donne che rinunciano a lavorare e a stare a casa con i propri figli. Certo la natura del provvedimento regionale è diversa ma la matrice patriarcale è la stessa. Niente da fare, per le donne inizia una fase di medioevo a cui è difficile rassegnarsi. 

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