Cinquantesimo anniversario della nascita della Provincia di Isernia, Santoro: va recuperato il concetto di comunità

Enrico Santoro
01/02/2020
Attualità
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Dopo i due interventi sul tema – pubblicati gentilmente dagli organi
di informazione il 3 dicembre e il 3 gennaio scorso – torno di nuovo
sull’argomento a un mese dalla celebrazioni del Cinquantesimo
anniversario della Provincia di Isernia.
 
Negli interventi precedenti, ho voluto ricordare i passaggi storici che
portarono all’istituzione della Provincia e, inoltre, la mancanza, nel
presente che viviamo, di una discussione – che è invece necessaria
– per il tentativo di risollevare le sorti di questo territorio, per
entusiasmare e coinvolgere di nuovo le comunità, per sperare insieme ai
giovani.
 
Devo ricordare che arrivammo all’istituzione della Provincia perché
avevamo un obiettivo chiaro e, soprattutto, perché riuscimmo a
coinvolgere tutti, amministratori e cittadini, associazioni e sindacati.
 
 
Oggi, invece, manca sia una visione del futuro che il senso di
comunità.
 
Le due cose vanno di pari passo. Se avessimo un obiettivo chiaro da
perseguire, sarebbe molto più facile ottenere il coinvolgimento di
amministratori e cittadini. Nell’ultimo periodo, molte persone sono
state coinvolte in iniziative lodevoli, che hanno suscitato interesse e
hanno aperto discussioni.
 
Tuttavia, tali iniziative – pur essendo assolutamente positive –
sono episodiche e non hanno la possibilità di modificare in maniera
sostanziale gli ambiti politici ed economici del nostro territorio; un
territorio che, se fosse invece oggetto di un progetto strutturato e
serio, sfrutterebbe nel modo migliore la sua posizione centrale tra
Tirreno e Adriatico, il suo essere Sud del Nord e Nord del Sud.
 
Il mese che ci separa dal 3 marzo 2020 dovrebbe essere utilizzato per
discutere di tutto ciò: per analizzare quanto fatto finora, per provare
a salvare le cose ottenute nel passato o messe in cantiere - cose che
stanno sbiadendo senza che nessuno provi a salvarle (nuclei di
industrializzazione, università, Cnr, variante di Venafro come era nel
piano decennale…) – e per fissare due o tre punti fondamentali,
inevitabili, necessari su cui lavorare nei prossimi quindici anni.
 
L’obiettivo che sento maggiormente necessario, in questo momento, è
la possibilità, da dare ai giovani, di rimanere qui, insieme a noi
anziani, nella loro e nella nostra terra.
 
I Cinquant’anni trascorsi ci hanno insegnato che le nostre piccole
dimensioni non sono soltanto una peculiarità negativa. Possono essere,
invece, il tratto di originalità che si cerca in ogni nuova iniziativa
economica che voglia essere vincente.
 
Il passato ci ha insegnato che ogni qual volta abbiamo provato a
competere con il resto del mondo fingendo di non essere ciò che siamo
abbiamo faticato a rimanere in competizione. Forse non dovremmo più
farlo.
 
Ma cosa si può e si vuole fare? Vogliamo far diventare il nostro
territorio un punto importante del turismo di qualità? Vogliamo farlo
diventare un centro importante di cura e assistenza agli anziani?
Vogliamo vendere il “Silenzio” così tanto cercato al mondo e che
noi ancora possediamo?
 
Dobbiamo decidere e lavorare in questo senso. Solo così le iniziative
episodiche che negli ultimi tempi abbiamo messo in essere - belle e
lodevoli come la candidatura a Capitale della Cultura - possono
diventare importanti e significative. Altrimenti risulterebbero eventi
belli ma episodici e, dunque, poco funzionali.
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