Precisando che sono molisano, vorrei riprendere il tema sviluppato da Roberto Di Caro nell’articolo “Il Molise sono io”, uscito nel n. 12 scorso, contenente una sfilza di critiche all’attuale presidente Iorio, definito “l’ultimo satrapo democristiano”. Intendo solo eccepire che il vero scandalo non è tanto che la Regione Molise abbia uno o più presidenti in odore di favoritismi, nepotismi e disonestà. Lo scandalo è proprio che un’entità puramente territoriale come il Molise, avendo meno abitanti di un quartiere di Roma, sia costituito in Regione, con un Consiglio Regionale e varie appendici che costano agli Italiani – e ai Molisani in specie – cifre annuali con cui si potrebbero mantenere 5 o 6 piccoli ospedali. Il Molise si staccò presuntuosamente dall’Abruzzo nel 1963, ai tempi delle vacche grasse (con le solite forzature giuridiche ad usum delphini) credendo di poter essere mantenuto in eterno da un qualche Governo nazionale o sovranazionale. Sul suo territorio aumentano associazioni e singoli che vogliono il ritorno agli Abruzzi (e magari fonderli con le Marche!) tra cui due consiglieri regionali e un ex deputato! Tanti hanno capito che significherebbe riconquistare un maggiore spazio vitale, mentre l’isolamento ci ha soffocato.
Ma il problema è nazionale!
Il Governo Monti, nel quale la stragrande maggioranza del Popolo Italiano ha riposto la sua fiducia con commovente disponibilità al sacrificio, prima di aumentare le tasse dovrebbe curarsi di chiudere la falla di questa barca bucata che è l’amministrazione politica sovrabbondante. Già non si parla più dei consigli provinciali, che potrebbero essere aboliti in toto e non solo in superficie (per esaminare le necessità del territorio basterebbero le unioni comunali e le comunità montane, al costo attuale!). Ma il vero guaio sono le Regioni, veri centri di sperpero clientelare che, dall’infausto 1970, hanno prostrato la nostra economia. Esse potrebbero essere almeno dimezzate, fondendole tra loro in base all’articolo 132 della Costituzione, come propose molti anni fa la Fondazione Agnelli.
E’ inutile diminuire il numero dei parlamentari, se prima non si riducono questi centri di inevitabile sperpero. Anzi, prima che si formassero questi 20 consigli regionali, i parlamentari servivano a qualcosa! Oggi davvero non servono a nulla! Se non si riduce il numero delle amministrazioni – tenendo conto che la moderna tecnologia la rende pletoriche – vorrà dire che i poveri cittadini pagheranno più tasse, impoverendosi...per continuare a mantenere una folla di politicanti superlui che preferiscono vivere di questo invece di svolgere altri onorati e utili mestieri.
Prof. Sergio Sammartino
Presidente Associazione Majella Madre
per l’unità dell’Abruzzo-Molise