La consigliera di parità delle province di Isernia e Campobasso Giuditta Lembo su sollecitazione del gruppo di minoranza Nuovo Sogno Agnonese, interviene per ripristinare la legittimità sulle politiche di genere e invita il sindaco di Agnone a ripristinare la legge non avendo rispettato il 40% di rappresentanza femminile come prevede la Legge Del Rio nelle cariche assegnate all'interno della giunta e non solo chiede l'adeguamento dello Statuto comunale, la costituzione del Cug (comitato unico di garanzia) e l'invio dei piani triennali di azioni positive.
Di seguito la nota della consigliera di parità:
C.a. Sindaco Comune di Agnone
P.c. Vicario Prefettura Isernia
P.c. Gruppo Politico Nuovo Sogno Agnonese
OGGETTO: RISCONTRO NOTA DEL 10-02-2020 – RIPRISTINO PARITÀ DI GENERE COMUNE DI AGNONE. Gent.mo Sindaco La scrivente, nel dare riscontro alla nota in oggetto inoltrata alla medesima in data 11 febbraio 2020 dal Gruppo politico ”Nuovo Sogno Agnonese”, La invita a comunicare gli atti da Lei posti in essere che palesano la impossibilità ad ottemperare alla legge Del Rio che prevede l’obbligatorietà del 40% di presenza nell’esecutivo comunale così come previsto dalla stessa legge, vedasi anche il Parere n.93 del Consiglio di Stato, prima sezione del 19 gennaio 2015; nonché il Parere della quinta sezione del 2015, che hanno avallato in maniera inconfutabile che la motivazione addotta alla impossibilità a nominare assessori del genere sottorappresentato va supportata da una pregressa e documentata attività istruttoria volta ad acquisire la disponibilità allo svolgimento dell'attività assessorile, nel caso di specie, da parte di persone di genere femminile. A tal proposito risulta importante evidenziare che la Circolare del Ministero dell’Interno del 24 aprile 20 14, al punto 3 recita: “Rappresentanza di genere: omississ… per completezza, si soggiunge che occorre lo svolgimento da parte del Sindaco di una preventiva e necessaria attività istruttoria preordinata ad acquisire la disponibilità allo svolgimento delle funzioni assessorili da parte di persone di entrambi i generi. Laddove non sia possibile occorre un’adeguata e congrua motivazione sulle ragioni della mancata applicazione del principio di pari opportunità”. Invero, la Circolare Ministeriale del 24 aprile 2014 sembra compendiare i principi elaborati dalla giurisprudenza in epoca anteriore all’entrata in vigore della legge n. 56 del 2014 (nel medesimo solco, specifica ed approfondisce le modalità di svolgimento dell’istruttoria la successiva circolare 18/EL del 30.5.2014 della Direzione Centrale delle Autonomie Locali del Friuli-Venezia Giulia), ma, a fronte del chiaro ed inequivocabile testo normativo, non può ammettersi alcuna deroga generale all’obbligo normativo. Alla luce delle coordinate normative e dei principi già pacificamente enucleati prima dell’entrata in vigore della legge n. 56 del 2014, il Sindaco ha l’obbligo di svolgere indagini conoscitive, intese ad individuare, all’interno della società civile, nell’ambito del bacino territoriale di riferimento del Comune, personalità femminili in possesso di quelle qualità – doti professionali, idonee a ricoprire l’incarico di componente la giunta municipale (conf.: T.A.R. Sez. I Bari , Puglia 30/04/2014 n. 552; Cons. Stato, Sez. V 24.7.2014 n. 3938; Cons. Stato, Sez. V, 27.7.2011 n. 3146; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 27 dicembre 2010, n. 14384; T.A.R. Puglia, Sez. I, 23.9.2009 n. 740). Invero, a tale stregua, è pacifico che, di tali indagini e del loro esito, debba darsi conto, anche in sintesi, nel decreto sindacale con il quale viene nominata la giunta (così anche il Parere del Ministero dell’Interno del 31.5.2013), al fine di dare atto di un “sincronico” punto di convergenza sia delle legittime esigenze connesse al rispetto delle scelte politiche e degli equilibri di coalizione, sia di quelle, altrettanto meritevoli di tutela, di rispetto della parità di sessi nell’accesso ai pubblici uffici, al fine di evitare la anomala formazione di “zone franche”, cioè di aree di sostanziale sottrazione al controllo giurisdizionale garantito dall’art. 113 Cost., che non sia soltanto formale ed estrinseco (la provenienza dell’atto dal Sindaco, il rispetto dei tempi normativamente previsti, ecc.), ma anche pieno ed effettivo, in linea con le coordinate costituzionali e comunitarie (art. 111 Cost; 6 CEDU), in punto di “effettività” della tutela giurisdizionale. In relazione a ciò, è doveroso rendere effettivo il precetto normativo dato che, ad avviso del giudice amministrativo, da una mera interpretazione letterale e sistematica del precitato comma 137° dell’art. 1, della Legge n. 56 del 2014, emerge chiaramente l’intenzione del legislatore di attribuire valore cogente e precettivo alla percentuale indicata (“nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento”), come altresì rimarcato dall’endiadi “arrotondamento aritmetico", che denota la scelta di voler ancorare la percentuale minima di rappresentanza ad un valore numerico oggettivo, preciso e puntuale.
Per quanto concerne il mancato adeguamento dello Statuto comunale si precisa che: in seguito alla modifica dell’art. 6 del D.Lgs 267/2000 TUEL, così come richiesto dalla Legge n. 215 del 23 novembre del 2012, entrata in vigore il 26 dicembre 2012, a seguito dell’intervento legislativo, si prevede che gli Statuti comunali e provinciali devono stabilire le norme per assicurare le condizioni di pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della legge 10 aprile 1991, n. 125, e per garantire la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali non elettivi del comune e della provincia, nonché degli enti, aziende ed istituzioni da essi dipendenti. Ivi pertanto, gli Statuti ed i regolamenti degli Enti locali dovevano essere adeguati entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge in esame, vale a dire entro il 26 giugno 2013. Il giudice amministrativo della prima sezione del Consiglio di Stato ha fornito il proprio parere a riguardo, il n. 93, in data 19 gennaio 2015, premettendo che “lo Statuto, in quanto atto normativo fondamentale che disciplina l'organizzazione e il funzionamento dell'Ente, deve contenere le norme volte ad assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna”. L'omesso tempestivo adeguamento dello Statuto alle norme sul riequilibrio di genere consente l'esercizio del potere sostitutivo da parte dell'organo di controllo, in quanto rientra nei casi in cui l'Ente locale ha l'obbligo di emanare un atto previsto da una fonte normativa e non lo emani o lo ritardi (Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 8 settembre 2008 n. 4284). È una scelta obbligata, quindi, come evidenziato dal Consiglio di Stato, costituzionalmente corretta e non rinviabile se si vuol garantire il rispetto di un principio fondamentale dell'ordinamento giuridico. Quanto agli strumenti per l'esercizio dei poteri sostitutivi e di annullamento, essi sono previsti e disciplinati dagli articoli 136, 137 e 138 del Tuel, che in primo luogo e in via generale demandano l'esercizio del potere sostitutivo alle Regioni, nell'ambito della vigilanza che esercitano sugli atti delle Province e dei Comuni, e successivamente prevedono l'intervento statale in caso di inadempienza delle Autonomie territoriali. Si precisa ulteriormente che, in data 05 marzo del 2013, l’allora Presidente dell’ANCI aveva provveduto ad inviare una nota a tutti i Sindaci nella quale faceva espressa richiesta di adeguare gli Statuti comunali alla legge n.215 del 2012 per ottemperare alle nuove disposizioni legislative in materia di rappresentanza di genere negli organi dei Comuni, indicando come termine ultimo al 26 giugno 2013.
In relazione ai Piani triennali di azioni positive, a riguardo si fa espresso richiamo dell’obbligatorietà degli stessi all’art.48 D.Lgs 198 del 2006 (Codice pari opportunità) in cui è previsto anche che: “ omissis…in caso di mancato adempimento si applica l'articolo 6, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”, ossia il divieto di assumere nuovo personale, compreso quello appartenente alle categorie protette”.
Per quanto riguarda l’obbligatorietà della nomina del Comitato unico di garanzia (CUG), la Legge n.183 del 2010 modificando gli artt.n.1,7 e 57 del D. Lgs n.165 del 2001, obbliga anche gli Enti locali a nominare i CUG entro 120 giorni dalla entrata in vigore della Legge stessa, rilevandosi, in caso di mancata nomina nei termini previsti, una responsabilità afferente al dirigente del personale. I compiti del CUG sono stati definiti in maniera esaustiva da due Direttive in particolare dalla Direttiva n.4 del 2011 e da ultimo dalla Direttiva n.2 del 2019. Detto ciò si invita la S.V. a voler chiarire quanto in merito.