AGNONE. Riveviamo e pubblichiamo da parte di un lettore.
La coraggiosa ed ostinata volontà d taluni di preservare le attività ospedaliere dell’alto Molise, e con esse più in generale la sanità alto molisana, non ha sortito effetti ed oggi dobbiamo prendere atto che il San Francesco Caracciolo non c’è più.
Tristemente la struttura è lì, e la sua presenza è in qualche modo consolatoria ma – di fatto- inutile. Nessun sigillo, ne lucchetti, ne mandate alle serrature anzi - ironia della sorte - sono stati spalancati nuovi ingressi. Ma purtroppo oggi le attività sono ridotte al lumicino. Resta solo un residuale lavoro diagnostico, una RSA “ complessa” e una chirurgia relegata, tra veti ed incoscienti impedimenti, a poco più che un ambulatorio.
Ma questo scempio, perché di questo si tratta, come ogni altra cosa non è il prodotto di eventi imponderabili o fatalistici, non è inevitabile o ineluttabile. Tutt’altro. Questa condizione che ha trasformato la sanità dell’alto Molise da quel fiore all’occhiello ( che solo qualche anno fa attirava per oltre il 60 % utenti da altre regioni e da altre aree molisane e che sapeva far quadrare i conti tanto da avere il miglior rapporto costi/produzione dell’intera regione) al fantasma di se stessa, ha dei responsabili. Perché gli eventi camminano sulle gambe delle persone e sono il prodotto di interessi ( talvolta configgenti con quelli collettivi ), posizioni e volontà. Ed è troppo semplice e riduttivo scaricare tutto sulla politica. La politica ha le sue responsabilità. Senz’altro Influenza fortemente e incide radicalmente, da gli indirizzi e può disegnare prospettive e scenari, ma certamente non può rispondere di ogni singolo evento e di qualsiasi conseguenza. Nessuna apologia della politica ( non è proprio il caso ) ma neanche è possibile pensare che tutta la colpa sia la sua e che “la società civile “ sia esente da ogni responsabilità.
Così non è. Se si è potuto ridurre il Caracciolo ad una farsa lo si deve anche alle persone che, per parafrasare liberamente una famosa citazione, si sono sempre chiesti cosa il Caracciolo dovesse fare per loro e mai cosa loro potessero ( anzi dovessero ) fare per il Caracciolo. Lo si deve anche a coloro che, nascondendosi dietro la falsa maschera di tecnici votati al sacrificio ancestrale hanno invece spremuto e sfruttato, sino al midollo, la nostra Struttura incuranti del danno profondissimo perpetrato ai cittadini più fragili.
Eppure le premesse per resistere e per consolidare la posizione del Caracciolo in Regione, sembravano tutte eccezionalmente favorevoli. L’Ospedale non veniva messo in discussione e la sua permanenza è stata confermata e difesa in ogni sede anche quando le condizioni erano impossibili. Si apportavano modifiche in termini di posti letto ma scarsamente incidenti rispetto all’attività e alla organizzazione del nosocomio. Addirittura I gangli vitali della sanità nella provincia di Isernia vedevano protagonisti storici primari del Caracciolo. In particolare mi riferisco all’ostetricia e ginecologia il cui primario dott Luigi Falasca per tanti anni ha diretto la struttura materno-infantile del Caracciolo. Ebbene , si ci aspettava un minimo di resistenza alla soppressione della ostetricia, o almeno il tentativo di ricercare soluzioni utili per le gestanti alto molisane. Così non è stato. Via l’ostetricia ( non il reparto ma l’assistenza ) ma la cosa più incredibile è la perdita – di fatto – della ginecologia che oggi svolge una attività pari al 10% di quella che garantiva solo nel 2007. In realtà la ginecologia del Caracciolo è solo una “ riserva” necessaria per i momenti difficili di Isernia: quando manca un medico ecco che Agnone può sopperire. Se poi in questo modo si decreta la fine di una cospicua fetta della sanità alto molisana pazienza.
Ma il colpo di grazia lo si deve al servizio di anestesia che ha chiuso le camere operatorie agli interventi programmati e che permette solo gli interventi in urgenza. Le motivazioni hanno un fondamento formale, ma oggi appaiono paradossali. Si afferma che nei tre stabilimenti della provincia di Isernia deve ( in tutti e tre !!!) essere sempre presente un anestesista per le emergenze. Questo anestesista ( anzi tre anestesisti ) devono, mani conserte ed inattivi, attendete l’infausta eventualità di una emergenza. Se poi c’è da lavorare è necessario altro personale. Tale condizione è senz’altro ideale ed auspicabile, ma in questo contesto di difficoltà diffusa e di necessità di rientro economico è una autentica chimera. In realtà tale richiesta è utile per far aumentare il numero di ore di presenza di anestesisti che, poiché come noto sono pochi devono utilizzare l’istituto della attività aggiuntiva con tale abbondanza da rendere lo stipendio tabellare una misera appendice dei proventi. Poiché tale richiesta non sono più economicamente sostenibile e l’attività aggiuntiva ( dal costo di 60 euro ad ora ) deve essere contenuta, le camere operatorie non lavorano più in routine perche gli anestesisti devo aspettare le urgenze e non possono quindi lavorare nell’attività ordinaria. Naturalmente questa “condizione” sancisce al definitiva chiusura del Caracciolo, magari imposta da Roma perché indotta da numeri così esigui da non giustificare e sostenere l’esistenza di un presidio sanitario che svolge una attività residuale.
E tutto ciò avviene nel “ silenzio più assordante “ e colpevole. Il “cittadino c’è” non c’è più forse perché è terminata la sua funzione di trampolino di lancio politico. L’art. 32 attende non si sa bene cosa, e l’amministrazione comunale, giustamente combattiva e decisa nella stagione dell’opposizione, oggi che governa tace sul futuro della sanità nell’alto Molise ed è impegnata in più ardue battaglie ……. nonostante la presenza di “ tecnici “ che evidentemente hanno interessi configgenti rispetto il buon funzionamento del nosocomio.
E allora non ci “ resta più niente “ , ma sia chiaro , ognuno con il macigno delle proprie responsabilità.