L'invasione russa nei confronti dell'Ucraina compie oggi un anno: una ricorrenza triste, che ha visto il fallimento dei rapporti diplomatici e l'apoteosi dei più fulgidi impulsi militari.
Infatti, il 24 febbraio di un anno fa la Russia ha attaccato l’Ucraina da sud (dalla Crimea, annessa alla Russia nel 2014 con un referendum considerato illegale per il diritto internazionale e, pertanto, per l'intera comunità internazionale), da nord (dalla Bielorussia, governata dal dittatore Alexander Lukashenko, alleato di Putin) e da est, verso il Donbass, la regione più orientale dell’Ucraina dove era già in corso una guerra dal 2014 tra separatisti filorussi ed esercito ucraino.
Nel ripercorrere un anno di guerra, non si possono non menzionare le ragioni che hanno portato il leader russo a questa decisione: innanzitutto, quelli "apparenti", che riguardano principalmente il Donbass e le correnti separatiste (e spesso filorusse) che attraversavano questa regione. "Un'operazione militare speciale" - così l'aveva definita Putin - per liberare il Donbass dagli oppressori ucraini. In realtà, più volte non si è potuto fare a meno di presupporre che Putin volesse una “guerra lampo” forse di qualche settimana, da concludersi con la conquista di Kiev, la capitale, e poi di tutta l’Ucraina con l'instaurazione di un governo “fantoccio” filorusso.
La Nato, fondata sul Patto Atlantico e perno della difesa occidentale, ha svolto un ruolo fondamentale per le sorti dell'Ucraina e del conflitto, poiché si è compattata intorno ad un paese lacerato dal conflitto, offrendo da una parte aiuti militari, ma non abbandonando mai del tutto gli strumenti diplomatici (anche i più duri, quali le sanzioni).
Naturalmente, un così diretto coinvolgimento della Nato non ha di certo aiutato i rapporti tra Occidente e Russia, in particolare quelli tra Stati Uniti da una parte e Russia e Cina dall'altra.
Un anno di guerra sarebbe impossibile da raccontare in poche righe, poiché altretttanto impossibile sarebbe commemorare le migliaia di vittime, spiegare la violenza, il dramma di quanti hanno visto il loro paese ridursi in macerie e i loro figli mandati al fronte senza sapere se ne avrebbero fatto ritorno.
Queste scene di devastazione, sono solo da contorno alla crisi economica che imperversa e all'inevitabile continua tensione: di certo non l'idillio di pace che - almeno sul territorio europeo - ha caratterizzato gli ultimi anni.
Per capire se ci saranno negoziati di cessate il fuoco bisogna vedere quali sono le intenzioni del Cremlino: nell’ultimo anno, Putin ha rimarcato sempre la necessità di denazificare l’Ucraina, restando coerente all'argomentazione usata un anno fa per il primo attacco. A questo punto, per definire le sorti del conflitto bisognerà capire quale sarà il ruolo della Cina, ambigua sino a questo momento e più alleata di Putin che non dell'Ucraina. Intanto, l'escalation di violenza, tensione e minacce - in un clima tipico della guerra fredda in cui Occidente e Russia combattono le loro battaglie - non sembra volersi placare o quantomeno rallentare.
Le speranze sono tante, tante quanto l'incertezza che regna sovrana ormai da un anno.