Un ultimo saluto, affidato ai social, carico di amarezza, sogni infranti e altri da inseguire. E’ quello che Lucia Martella, giovane medico molisano, ha scritto prima di lasciare la sua terra per trasferirsi al nord, in Veneto, dove potrà continuare a fare ciò che ha sempre sognato, il medico. Amarezza, malinconia, tristezza e speranza in una toccante lettera scritta dall’ennesimo giovane che ha deciso, suo malgrado, di lasciare questa terra ferita e fuggire via a caccia di una vita all’altezza dei sogni che si coltivano.
«Sin da piccola – ha scritto Lucia – sognavo di studiare medicina, poi crescendo ho capito di voler fare il medico. Tanto studio, tanti sacrifici, la gavetta e finalmente arriva l’indeterminato. La pandemia Covid mi ha dato l’opportunità di tornare dalla Liguria in Molise, mia terra d’origine dove sono nata e cresciuta e dove c’è la mia famiglia. Famiglia che per 4 anni ho trovato anche sul posto di lavoro dove con il personale ridotto all’osso e i tagli alla sanità abbiamo lavorato sempre con la volontà di alleviare le sofferenze, come il buon vecchio Ippocrate diceva. Siamo passati da essere eroi ad essere carnefici, abbiamo subito aggressioni e vessazioni senza poter fare nulla, abbiamo visto negarci i nostri diritti. Ma tutto ciò passava in secondo piano quando ogni mattina indossavo quel camice che mi ricordava il motivo per cui avevo scelto quel lavoro.
Caro Molise, ormai terra spenta, di te ricorderò i ponti pieni di semafori, i km per raggiungere un’autostrada, le lunghe liste di attesa, gli uffici pubblici con gente arrabbiata e i marciapiedi sporchi con nemmeno un secchio per buttare un fazzoletto. Ricorderò un territorio dotato di bellezza ma che nessuno ha saputo valorizzare e paesi che stanno morendo perché i giovani scappano.
Qui lascio la mia famiglia, colleghi fantastici (chi più e chi meno), la mia migliore amica che quando si girerà in quel corridoio mi troverà sempre, amici (pochi ma buoni). Spero di riuscire a fare il medico che sognavo di essere da bambina. E chissà se quando guarderò le nuove montagne un po’ di nostalgia del Matese ci sarà?»