Dopo l'elezione di Mons. Cibotti alla guida della Diocesi di Trivento e Isernia, il professor Sergio Sammartino esprime una riflessione profonda e amara sulla situazione della Diocesi di Trivento, ormai accorpata a quella di Isernia nell’ambito della riorganizzazione ecclesiastica voluta dal Vaticano. Sammartino non si limita a un’analisi religiosa, ma allarga il discorso alle implicazioni sociali ed economiche che la crisi del clero e il progressivo spopolamento dei nostri territori comportano. Con uno stile diretto e incisivo, l’autore ci invita a considerare la realtà sotto una nuova luce, facendo emergere la dura legge dei numeri, che sembra inesorabilmente determinare il destino di una comunità storica e di una fede che, da secoli, caratterizzano il nostro territorio.
Ecco la profonda analisi del prof Sammartino:
Ebbene sì: anche la nostra Diocesi è divenuta una… sottodiocesi. Trivento è stata accorpata ad Isernia dalla nuova organizzazione del Vaticano. E’l’anticamera della soppressione. Perché? Per la solita, tirannica, legge dei numeri. Siamo sempre di meno, e neppure il Vaticano può permettersi il lusso di impegnare – mantenere, gestire e tenere aperto - un vescovado. Del resto, anche il clero è in crisi, e da un pezzo. Molti di noi non si sono neppure accorti che la crisi del clero tocca anche la società civile. Eccome! Un soffuso anticlericalismo – mescolato ad una fede antica e serena, in un melange semplice e miracoloso - ci impedisce di accorgerci che le vecchie generazioni, nei nostri paesi, sono cresciute sorrette e disciplinate – prima dalle famiglie severe di una volta – poi dai parroci, i frati e le monache, che organizzavano circoli, biliardini, eventi di spettacolo amatoriale, presepi viventi, processioni viventi del venerdì santo e quant’altro. Ma erano tempi in cui ogni chiesa aveva un sacerdote, e i conventi erano ben popolati. In qualche modo quelle istituzioni ci tenevano “la mano in testa” e ci facevano divertire senza che andassimo fuori dal seminato. Da qualche anno ad Agnone non c’è più un ordine monastico sufficiente ad indirizzare infanzia e adolescenza in certi binari. Chi sono oggi i custodi dei nostri ragazzi? Gli spacciatori forse? Ma lasciamo andare questi discorsi di sociologia alta. Si chiudono anche le diocesi, certo.
In tanti dicono: “Non si può fare sempre un discorso basato sui numeri”. Ma i “numeri” s’impongono, con una forza tirannica che neppure Dio Padre si degna di smentire. Esempio: anch’io m’indigno nel considerare che da anni non esiste più una corriera che colleghi Agnone ad Isernia nel pomeriggio della domenica. Così quelli che vorrebbero passare il fine settimana in paese, venendo da Roma o da Napoli, non possono farlo se non in automobile, con i costi che sappiamo.
Ma tutte le ditte di autotrasporti, sollecitate, rispondono: “Se sul pullman salgono sempre tre passeggeri, come facciamo a mantenere la corsa?”. L’antico adagio dei nostri antenati è tragicamente vero: “Senza solde nen se candane messe”! Anche la Chiesa, a corto di uomini e di donne che lavorino al suo interno, è costretta a risparmiare. La stessa cosa accade per i nostri governi nazionali. E’ facile dire: “Dovrebbero alzare gli stipendi dei medici, sennò se ne vanno all’estero; dovrebbero dare di più agli insegnanti, dovrebbero assumere più infermieri”. Il problema è che quei governi devono fare i conti con un forte debito pubblico. A causa di quello tutte queste belle cose non si possono fare.
La sola riforma possibile sarebbe diminuire il numero dei Consigli Regionali (il sottoscritto lo predica da decenni, ma di recente lo ha detto anche Massimo Cacciari, filosofo della Sinistra ed ex sindaco di Venezia). Lo ha fatto la Francia, accorpando tutte le regioni che avevano meno di due milioni di abitanti. Ma noi…stiamo ancora nella piena “poesia” di chi si ostina a voler lasciare in piedi la Regione Molise! Pazienza, perderemo anche la Diocesi di Trivento.
Siamo nel pieno di una bufera che sta spazzando via molto di ciò che abbiamo trovato quando siamo nati in questa nostra terra. Siamo pazienti e rassegnati: pazienza e rassegnazione sono di certo qualità che non ci difettano (ma sono poi dei pregi?...) Tireremo avanti continuando a prenderci il bello dei nostri paesaggi, dei nostri boschi, delle nostre campane e della nostra cordialità. Aspetteremo che il tramonto tra il Monte Capraro e il Monte Campo faccia da sfondo anche al tramonto nostro. E i posteri… chissà se ci saranno e dove andranno a nascere.
Sergio Sammartino