PESCHE - Un allenatore di una piccola squadra di provincia, di prima categoria per l'esattezza, che riesce a fare notizia perché chiede che in campo e sugli spalti non si vomitino più bestemmie. La sua storia personale, la sua fede, il suo essere testimone, nel mondo del calcio, dell'appartenenza al variegato e spesso tiepido mondo del cattolicesimo, lo hanno spinto a questa richiesta ufficiale rivolta alla Federazione calcio, una richiesta coraggiosa, ma che è parsa, in questo strano paese in cui viviamo, provocatoria, quasi eretica. Fabio Di Rienzo, il giovanissimo mister del Pesche calcio, ha accettato di rispondere a qualche nostra domanda, per approfondire il senso della sua battaglia di civiltà
Mister, allora, lei ha chiesto la mano pesante contro chi bestemmia in campo, minacciando anche di ritirare la squadra. Come è andata domenica in panchina, ha sentito ancora bestemmiare?
Purtroppo sì. Sicuramente non mi aspettavo di avere riscontri pratici in maniera immediata e soprattutto dopo pochi giorni dalla pubblicazione della mia lettera aperta. Però davvero faccio fatica a comprendere alcuni atteggiamenti, in primis di allenatori che tollerano questo linguaggio ricco di bestemmie dai propri giocatori e poi dalla mancata applicazione del regolamento federale. Sicuramente se a breve non noterò dei netti miglioramenti in questo ambito ordinerò alla mia squadra di lasciare il terreno di gioco.
Lei parla di questione morale e fa riferimento alla sua storia personale. Ci dica qualcosa di lei. Sta facendo un percorso di fede particolare? Ha avuto esperienze di fede significative?
Credo che tutta la mia vita ruoti intorno a Dio. Devo a lui ogni singolo dono che ricevo durante la giornata. Personalmente ho sempre avuto una forte Fede, non sono un Santo, commetto mille errori, ma di sicuro non posso mai offendere o deridere chi per me è Morto in Croce concedendomi la salvezza eterna. L'esperienza piu forte di Fede che ho avuto è stata quella fatta con il volontariato dell'Unitalsi, il treno bianco con destinazione Lourdes. Lì ho capito molto, ho visto l'amore dei miei amici disabili verso Dio, i sorrisi che irradiavano i loro volti, la gioia di vivere che ti trasmettevano. Ho capito che siamo fortunati e che Dio ha donato noi un'infinità di ricchezze che forse non apprezziamo piu, vedi il creato, una semplice passeggiata e tantissime altre cose che eseguiamo con ingiusta superficialità.
Lei ha fatto un accostamento coraggioso: non si tollera, giustamente, il razzismo in campo e sugli spalti, mentre si accetta che i calciatori bestemmino. Non crede che la sua posizione sarà bollata come fanatica?
Non lo credo, ne sono sicuro. Ieri durante la partita sono stato spesso deriso da giocatori e allenatore avversari per la mia lettera e presa di posizione. Sapevo benissimo di andare incontro a diverse problematiche, ma sono pronto ad affrontarle per difendere il Buon Dio, per ridare un pò di valori a questo mondo calcistico. Più ostacoli incontri in un cammino più hai la certezza di aver preso la strada giusta per cambiare qualcosa.
Lei ha inviato la sua richiesta, per certi versi provocatoria, alla Federazione e all'Aia. Ha già avuto qualche riscontro in quelle sedi?
Sì, ho inviato la lettera alla Figc nazionale e hai vari comitati regionali di Isernia e Campobasso, all'Aia nazionale e alle sottosezioni molisane. Inoltre ho inviato la lettera alla Lega proffesionistica di serie A e B ealla Lega pro. Purtroppo ancora non ricevo alcun riscontro, ma di sicuro non mi fermerò davanti al primo silenzio.
Lei dice che le regole della Figc al riguardo delle bestemmie sono chiarissime. Per chi non si occupa di calcio, ci spieghi cosa dicono queste regole.
La regola è semplicissima: la bestemmia è punita con il cartellino rosso. Queste le parole dell'ex presidente Abete al momento della decisione di introdurre questa regola: "Interverremo sulle decisioni ufficiali per chiarire che all'interno di comportamenti offensivi e oltraggiosi rientra anche la bestemmia". Questi comportamenti sono punti con il cartellino rosso. In categorie superiori puo essere applicata anche la prova tv.
Nella sua lettera ha accennato alla presenza di bambini sugli spalti e a bordo campo, ad ascoltare le bestemmie e il turpiloquio dei calciatori. Non crede che ci sia, in questo, una pesante responsabilità dei genitori?
Sicuramente i primi responsabili sono gli effettivi che scendono in campo e danno vita a questo scempio domenicale. Non mi permetto di giudicare l'educazione che ogni famiglia dà ai propri figli. Ma di sicuro posso dire che vedere un papà che gioca, bestemmia e a fine partita abbraccio suo figlio che è sugli spalti non è un esempio di vita. Mi è capitato spesso di assistere a queste scene e la voglia di continuare a fare calcio è diminuita notevolmente. Ma poi il mio carattere mi porta a lottare per migliorare uno degli sport piu belli del mondo, amo il calcio e lotterò con tutto me stesso per provare a fare qualcosa di positivo.
E gli arbitri cosa potrebbero o meglio dovrebbero fare?
Credo che gli arbitri possono fare tantissimo. Iniziando ad applicare con vigore la regola, escludendo il buon senso. Non può esserci buon senso in un insulto razziale, non puo esserci buon senso su una bestemmia. Solo cosi si può cambiare. Punendo chi infrange le regole e questo compito è del direttore di gara.
Cosa ne pensano i suoi calciatori, quelli che allena, di questa sua netta presa di posizione? La condividono?
La mia squadra è una vera e propria famiglia. Ci sono valori veri all'interno dello spogliatoio, hanno i miei stessi ideali. Proviamo insieme a combattere questa battaglia, prima di pubblicare la lettera ne abbiamo parlato a lungo, tutta la rosa ha accolto con entusiasmo la mia decisione e sono sicuro che insieme possiamo vincere.
Se le cose non dovessero cambiare, come è probabile che accada, porterà fino in fondo la sua battaglia di civiltà?
Sì, il mio grido non si fermerà fino a quando le cose non cambieranno. Non sto chiedendo nulla di difficile realizzazione, semplicemente il rispetto delle regole. Nella mia vita non amo perdere, quindi questa battaglia verrà vinta.
E sarebbe anche pronto ad abbandonare il mondo del calcio?
Ho pensato più volte di lasciare tutto, che questo mondo del calcio moderno non è per me. Però poi mi sono detto: non posso lasciare una cosa che amo per colpa di negligenze altrui. Allora lotterò all'interno del sistema calcio, con tutte le mie forze, con tutti i miei mezzi per ottenere un netto miglioramento della situazione. Se lascerò il mondo del calcio o mi prenderò delle pause sarà solo per decisioni inerenti a proggetti calcistici, per il resto la mia battaglia terminerà solo quando sarà vinta.
Chiaro e determinato il mister Fabio Di Rienzo, che dai campi di gioco di provincia, dalla piccola panchina del Pesche, lancia nel mondo del calcio la sua provocatoria testimonianza di uomo di fede. Essere cristiani significa, prima di tutto, essere testimoni. Il mister Di Rienzo sta offrendo all'attenzione di tutti la sua coraggiosa testimonianza.