Agnone tradita: il Caracciolo chiude e la sanità molisana premia i privati

Maria Carosella
10/09/2025
Attualità
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C’era una volta l’ospedale San Francesco Caracciolo di Agnone. Non era un grande ospedale, non aveva numeri da capoluogo, ma rappresentava un presidio vitale per l’Alto Molise e l’Alto Vastese, territori montani, isolati e dimenticati, collegati al resto della regione da strade colabrodo. Oggi quell’ospedale non c’è più.

Il nuovo piano sanitario regionale lo retrocede a ospedale di comunità: appena 20 posti letto, assistenza di base, niente pronto soccorso, niente reparti specialistici, niente emergenze. Una formula elegante per dire che Agnone non avrà più un ospedale vero, ma solo una struttura di passaggio, un luogo di stabilizzazione prima del rientro a casa o del trasferimento altrove.

È il colpo finale a una storia che ha visto il Caracciolo progressivamente svuotato negli anni, nonostante la definizione di “ospedale di area disagiata” che avrebbe dovuto proteggerlo. Quella conquista, voluta dalla giunta Carosella, è rimasta lettera morta. Oggi si certifica la resa.

Eppure, in territori difficili come questo, un ospedale non è solo un servizio sanitario: è un simbolo di dignità, è la garanzia che lo Stato non ti lascia indietro. Togliere un pronto soccorso qui non significa solo razionalizzare i costi, ma abbandonare un’intera comunità al suo destino, condannarla a percorrere decine di chilometri in emergenza, su strade che da anni gridano vendetta.

Ma Agnone non è l’unica a pagare. Il nuovo piano ridisegna l’intera rete ospedaliera molisana con tagli e centralizzazione: le guardie mediche scendono da 43 a 13, i reparti si accorpano o spariscono, e l’emodinamica di Isernia rischia la chiusura. È un effetto domino che indebolisce la sanità pubblica in tutto il territorio.

In parallelo cresce lo spazio per i privati accreditati. Neuromed, Responsible Research Hospital (ex Cattolica), Villa Esther, Villa Maria e Gea Medica entrano a pieno titolo nella rete regionale con ruoli chiave: cardiochirurgia, oncologia, emergenze tempo-dipendenti, riabilitazione. Complessivamente, i privati occupano ormai oltre un terzo dei posti letto molisani, diventando partner insostituibili di un sistema che arretra sul fronte pubblico.

La Regione parla di efficienza, di tagli alla mobilità passiva, di risparmi. Ma a pagare il prezzo sono i territori più fragili: paesi di montagna, anziani, famiglie senza alternative. Mentre i privati diventano protagonisti della sanità molisana, Agnone perde il suo presidio, la sua sicurezza, il suo punto di riferimento.

Non è solo la fine di un ospedale. È la fine di una promessa. E mentre interi territori vengono abbandonati a queste scelte distruttive, i sindaci  e amministratori dei paesi coinvolti restano in un silenzio assordante. Le comunità cercano di resistere, ma quanto ancora potranno farlo senza essere ascoltate? Ora la palla passa ai tavoli tecnici ministeriali del 12 settembre: lì si deciderà se questo piano diventerà realtà o se ci sarà ancora spazio per ripensare un modello che rischia di condannare il Molise a una sanità sempre più squilibrata e sempre più in mano ai privati.”

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